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Medicina

a) l’anestesia in un celiaco è uguale ad un non celiaco;
b) è possibile sapere i componenti dell’anestetico;
c) è possibile la presenza di mercurio o glutine nell’anestetico.

Spero di essere esauriente. Alle tre domande rispondo come segue:
a) l’anestesia nel caso di un celiaco è identica ad un non-celiaco? Si, è identica.
b) è possibile sapere quali sono i “componenti” dell’anestesia? Si, ma deve chiederli all’anestesista. E’ lui che li decide in base alle particolari esigenze che si pongono di volta in volta.
c) possibile che ci sia presenza di glutine e/o mercurio? No, qualunque sia il tipo di anestesia.
Dr. Marco Montesanti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

L’incidenza dei problemi di infertilità e delle complicanze della gravidanza nei celiaci, in particolare donne, che hanno sviluppato anche altre patologie autoimmuni, è maggiore rispetto a quella della popolazione non celiaca o da quella della popolazione celiaca che però non ha sviluppato altre autoimmunità? 

Non vi è dubbio che la presenza di patologie autoimmuni in fase di attività (non controllate dalla terapia) rappresenta un rischio per la gravidanza e riduce anche la fertilità della donna che si trova in queste condizioni. Va da sé peraltro che, sulla base della mia esperienza clinica, posso affermare con certezza che la celiachia ben controllata dalla dieta glutinata non presenta problemi di infertilità né di complicanze della gravidanza. Il buon controllo delle patologie autoimmuni associate, in particolare della tiroidite autoimmune di Hashimoto con la giusta dose di levotiroxina per correggere l’ipotiroidismo, non pregiudica l’inizio di una gravidanza che giunge in genere  a termine senza problemi. Lo stesso discorso vale per il Diabete di tipo 1 che può associarsi alla celiachia. In questo caso, i rischi per la gravidanza sono legati fondamentalmente al diabete di tipo 1 più che alla celiachia, una volta che la paziente abbia intrapreso una dieta glutinata corretta. Vi sono molti lavori in letteratura che dimostrano che il riconoscimento della celiachia e la successiva aderenza ad una dieta  aglutinata stretta rendono la vita fertile della donna celiaca identica a quella delle donne non celiache.

Umberto Volta
Presidente CSN-AIC

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Qualcuno è già a conoscenza di casi di epilessia parziale associati allaceliachia?
Purtroppo mio figlio edoardo di 6 anni ha scoperto di essere affetto da celiachia dopo che dagli esami gli era stata riscontrata epilessia parzialedel lobo occipitale e una dottoressa ha ipotizzato che la causa scatenantepotesse essere l’ intolleranza al glutine.

In effetti la celiachia, quando non diagnosticata, può dare origine ad alcune forme di epilessia.
La dieta senza glutine, nella maggioranza dei casi, porta ad una possibile e completa remissione di tale disturbo.
Qui di seguito segnaliamo una parte di una pubblicazione di Gastronet sull’argomento, dalla quale si deduce facilmente quanto già sopra specificato:

Il morbo celiaco è una malattia caratterizzata sul piano clinico da segni e sintomi di malassorbimento e sul piano istologico da atrofia della mucosa intestinale ed infiltrati di linfociti e plasmacellule; un possibile ruolo patogenetico sembra essere svolto da meccanismi immunologici, in quanto si riscontra:
una stretta associazione ad antigeni del Sistema Maggiore di Istocompatibilità D3, D5 e D7 a cui segue una predisposizione genetica del 95%; tipiche alterazioni dell’epitelio intestinale e frequente riscontro di una positività per anticorpi antigliadina (AGA) e/o antiendomisio (AEA); la concomitanza di malattie autoimmuni come Diabete Mellito tipo II e Tiroiditi. Le manifestazioni cliniche tipicamente proteiformi rendono la diagnosi assai difficoltosa e spesso definita dopo anni di malattia. Il coinvolgimento del sistema nervoso rappresenta una tappa pressoché obbligata nel percorso della malattia. Sono state descritte manifestazioni cliniche e segni neurologici coinvolgenti sia il sistema nervoso periferico che centrale con una temporalità spesso indipendente dalla durata di malattia e dal suo grado di coinvolgimento di altri apparati. Lo spettro delle manifestazioni neurologiche include: epilessia,leucoencefalite multifocale progressiva, atassia cerebellare, dissinergia cerebellare mioclonica, mielopatie, polineuropatie, mononeuropatie multiple, miopatie e disautonomia.
Epilessia:
è stata descritta la prima volta nel 1978 e secondariamente inquadrata come un’unità sindromica se associata a calcificazioni intracraniche. Nei casi descritti si tratta di crisi a semeiologia focale con manifestazioni cliniche localizzate a livello occipitale, farmacoresistenti. Le immagini radiologiche documentano in questi casi la presenza di calcificazioni occipitali. Gobbi et al nel 92 descrissero una popolazione di 43 pazienti, 31 con calcificazioni occipitali ed epilessia che furono sottoposti allo studio diagnostico per malassorbimento (gruppo A) e 12 con morbo celiaco ed epilessia che furono sottoposti a TAC cerebrale (gruppo B); 24 pz del gruppo A risultarono affetti da morbo celiaco, e in 5 pz del gruppo B furono riscontrate calcificazioni cerebrali. Al termine dello studio furono individuati 29 pazienti con l’associazione: morbo celiaco, epilessia e calcificazioni cerebrali. In tutti i casi l’epilessia era esordita prima che fosse diagnosticata la malattia celiaca, inoltre la semeiologia delle crisi era prevalentemente focale con localizzazione occipitale; nelle crisi refrattarie alla terapia le calcificazioni risultavano sempre bilaterali ed in sede parieto-occipitale.
Studi successivi documentano che una dieta priva di glutine contribuisce alla completa remissione delle crisi anche dopo sospensione della terapia antiepilettica. L’ipotesi etiopatogenetica più accreditata è di una carenza di folati probabilmente determinata dal malassorbimento; tuttavia non è chiara la spiegazione della scarsità di soggetti con calcificazioni nonostante l’elevata presenza di deficit di folati nella popolazione di affetti da m. celiaca, né il perché della localizzazione occipitale delle calcificazioni. Sebbene queste forme si manifestano durante le prime decadi di vita e precedono la diagnosi di m. celiaca, sono stati descritti casi ad esordio tardivo; si tratta di due soggetti con esordio di malattia neurologica a 40 e 53 anni: il primo con monoparesi brachiali ricorrenti, il secondo con mioclono progressivo, atassia, e crisi tonico cloniche generalizzate; in entrambi furono riscontrate calcificazioni occipitali e morbo celiaco.
fonte: Gastronet.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Vorrei sapere se la celiachia si può associare all’infezione di Helicobacter pylori?

Risponde il prof. Antonio Calabrò.

L’infezione da Helicobacter pylori è assai diffusa nella popolazione generale e probabilmente rappresenta ancor oggi una delle malattie infettive a maggior diffusione in tutto il mondo; in Itallia studi epidemiologici condotti alcuni anni or sono hanno dimostrato che l’infezione interessa dal 20 al 50% di tutta la popolazione, aumentando con il progredire dell’età.
L’infezione si trasmette per via orale, attraverso alimenti e soprattutto bevande contaminate (è infatti assai più frequente nei paesi del terzo mondo); è stata inoltre determinata la presenza del batterio nella saliva e questa può quindi costituire una possibile via di contagio.
I sintomi dell’infezione sono quanto mai variabili ma molti soggetti infettati sono assolutamente asintomatici; di fatto, la conseguenza più importante dell’infezione è lo sviluppo di una gastrite cronica che, a sua volta, costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo di altre patologie (in particolare l’ulcera peptica, duodenale o gastrica.
La diagnosi può essere effettuata con metodi “non invasivi” quali la ricerca dell’antigene fecale, il dosaggio degli anticorpi anti-Helicobacter nel siero ed il breath test all’ureasi (quest’ultimo è il test in assoluto più sensibile e specifico e viene comunemente effettuato presso il nostro laboratorio di gastroenterologia) o “invasivi” (esofagogastroscopia con biopsie della mucosa gastrica ed esame istologico per la visualizzazione diretta del batterio).
Una volta dimostrata la presenza è possibile effettuare una terapia specifica “eradicante”, utilizzando in genere tre farmaci diversi contemporaneamente (cosiddetta triplice terapia): le percentuali di eradicazione sono in genere superiori al 90%.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Da circa un mese soffro di dolori alle articolazioni e la mia d.ssa di famiglia mi ha prescritto una serie di esami per vedere se per caso la mia sia una forma di artrite magari autoimmune.. . La mia domanda è: Possibile che seguendo scrupolosamente la dieta da ormai 2 anni si possa manifestareun’altra patologia autoimmune come ad es. l’artrite reumatoide? 

Risponde prof. Antonio Calabrò consulente Scientifico A.I.C:

sebbene mi appaia improbabile, non mi sento di escludere che una artrite reumatoide possa insorgere in una paziente celiaca a dieta aglutinata da due anni. La stretta osservanza della dieta, infatti, riduce ma non elimina del tutto il rischio di sviluppo di patologie autoimmuni associate alla celiachia. Mi sembra tuttavia che sia piuttosto prematuro pensare ad una vera artrite reumatoide (per questo attenderei l’esito delle indagini richieste dalla dr.ssa di famiglia); potrebbe più semplicemente trattarsi di manifestazioni reumatiche minori, frequentemente osservabili in pazienti celiaci.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Può un soggetto celiaco essere donatore di cordone ombelicale?

Rispondono i prof. Marco Silano, Coordinatore del Board Scientifico AIC e Vincenzo Saturni, Presidente AVIS Nazionale

Dopo il parto il cordone ombelicale viene generalmente scartato a meno che la neo-mamma non decida di donarlo. La donazione solidaristica del cordone ombelicale è un gesto importante, perché dal sangue in esso contenuto si possono isolare quantità rilevanti di cellule staminali del sangue. Queste cellule sono utilizzate prevalentemente per la cura di bambini affetti da alcune malattie genetiche, quali le immunodeficienze primitive, le malattie ematologiche e alcuni tipi di leucemia. È consentito anche l’uso per scopi di ricerca. Alle neo-mamme celiache è permesso di donare il proprio cordone ombelicale purché siano a dieta senza glutine da almeno sei mesi prima della donazione e presentino livelli plasmatici di anticorpi anti-transglutaminasi nella norma.
AIC incoraggia la donazione gratuita eterologa del cordone ombelicale per la cura e la ricerca a vantaggio di chi ne ha bisogno.
AIC non sostiene né sponsorizza la conservazione del cordone ombelicale per eventuali future cure autologhe a pagamento presso banche private fuori dal territorio nazionale.

Ultimo aggiornamento: maggio 2015

Può un soggetto celiaco essere donatore di sangue?

Risponde il Prof. Calabrò:

Sono lieto di comunicare ufficialmente a tutti coloro che non ne avessero ancora avuto notizia, che è stato finalmente risolto l’annoso problema della donazione di sangue per il soggetto celiaco.

Il Ministero della Salute ha finalmente recepito le numerose istanze riportate dal Comitato Scientifico Nazionale AIC al Presidente della Società Italiana d’Immunoematologia e Medicina Trasfusionale. Con Decreto 3 Marzo 2005, pubblicato nella G.U. 85 del 13 Aprile, è stata, infatti, definitivamente sancita la possibilità, per i celiaci che desiderino farlo, di donare il sangue.

Più precisamente, nell’all. 3 dei “Protocolli per l’accertamento dell’idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti”, si afferma che “Il candidato donatore affetto o precedentemente affetto da una delle sottoelencate patologie deve essere giudicato permanentemente non idoneo alla donazione di sangue, o di emocomponenti, per la tutela della propria salute:
Malattie autoimmuni, ad esclusione della malattia celiaca, purché il donatore segua una dieta priva di glutine”.
(segue un ampio elenco d’altre condizioni patologiche che sono motivo d’esclusione dalla donazione).

Sebbene siano trascorsi più di tre anni dal momento in cui questo problema era stato sollevato a livello istituzionale, occorre notare che le linee-guida per la donazione di sangue sono rigidamente normate – non soltanto in Italia ma anche in tutti i paesi dell’Unione Europea – e che decisioni di questa natura possono essere prese soltanto da apposite commissioni ministeriali. Considero pertanto questo risultato un successo per tutti i soci AIC che, grazie a questa decisione, hanno un motivo in più per non sentirsi ingiustamente discriminati.

Antonio Calabrò

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Vorrei sapere quante possibilità ci sono di guarire dalla celiachia. 

Risposta: La celiachia è una condizione cronica per cui la dieta deve essere seguita con scrupolo per tutta la vita.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Seguo bene la dieta, mi chiedevo se posso sviluppare altre malattie autoimmuni, come ad esempio l’artrite reumatoide? 

Risponde il prof. Antonio Calabrò:

Sebbene mi appaia improbabile, non mi sento di escludere che una artrite reumatoide possa insorgere in una paziente celiaca a dieta aglutinata da due anni.
La stretta osservanza della dieta, infatti, riduce ma non elimina del tutto il rischio di sviluppo di patologie autoimmuni associate alla celiachia.
Mi sembra tuttavia che sia piuttosto prematuro pensare ad una vera artrite reumatoide (per questo attenderei l’esito delle indagini richieste dalla Sua dr.ssa di famiglia); potrebbe più semplicemente trattarsi di manifestazioni reumatiche minori, frequentemente osservabili in pazienti celiaci.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

La dermatite erpetiforme, ha una qualche somiglianza con le manifestazioni cutanee tipiche della varicella?

Risponde Dr.ssa Elisabetta Fabiani.

la dermatite erpetiforme è attualmente considerata come la variante cutanea della malattia celiaca, ovvero la cosiddetta ‘celiachia della pelle’.
Si tratta di una affezione cutanea caratterizzata da lesioni di aspetto vescicolare, localizzate più tipicamente ai gomiti, alle ginocchia ed alle natiche. Il criterio inequivocabile per la diagnosi di dermatite erpetiforme è rappresentato dalla presenza di depositi granulari di IgA a livello della cute sana.
Sebbene nella dermatite erpetiforme i sintomi intestinali non siano comuni, tuttavia in quasi il 100% dei casi è possibile osservare alla biopsia intestinale alcune alterazioni della mucosa, variabili da una lesione infiltrativa fino alla completa atrofia dei villi. E’ importante sottolineare che la dermatite erpetiforme è una affezione glutine-dipendente il cui trattamento, pertanto, si basa sulla totale eliminazione degli alimenti contenenti glutine dalla dieta. L’avvio della terapia dietetica infatti determina la completa scomparsa delle manifestazioni cutanee, le quali si ripresentano soltanto nel caso in cui venga reintrodotto il glutine.
La varicella è una malattia infettiva causata dal virus della Varicella Zooster e caratterizzata da lesioni cutanee che iniziano come delle macule, le quali poi diventano progressivamente papule, vescicole, pustole e croste.
Tali manifestazioni, peraltro intensamente pruriginose, sono in genere più accentuate al cuoio capelluto ed al tronco; è altresì comune osservarle a livello delle mucose orale, congiuntivale e dei genitali.
E’ inoltre presente febbre.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Visto la richiesta, con numerose mail, riguardanti “la possibile associazione” tra stanchezza e celiachia, avevo inoltrato il quesito ad un consulente scientifico e, in proposito, ha risposto il Prof. Umberto Volta, del quale allego la risposta. (Arrigo Arrighi)

Innanzitutto La ringrazio per gli apprezzamenti sul mio articolo. Il Suo quesito è certamente di grande importanza perchè esiste certamente la stanchezza pre-diagnosi, espressione del cosiddetto malessere generale del celiaco (not well being), legato spesso ad un’ anemia sideropenica o alla mancanza di assorbimento di altri nutrienti, ma vi è anche la realtà del celiaco che migliora dal punto di vista degli esami di assorbimento ed immunologici (negativizzazione di EmA e tTGA) e si sente comunque stanco o torna ad essere stanco. In questi casi vanno valutati diversi parametri. Innanzitutto bisogna escludere una condizione di tiroidite autoimmune con ipotiroidismo, molto frequente nella celiachia e con possibile insorgenza anche dopo l’inizio della dieta, va valutata inoltre la possibilità di bassi valori isolati di ferro e ferritina nonostante la restante normalizzazione dei parametri, va escluso uno stato di depressione latente (circa il 15-20% dei celiaci ne è affetto) di tipo reattivo spesso secondario proprio anche al cattivo gradimento stesso della dieta. In molti casi tutte queste cause possono essere escluse ed il paziente continua ad essere stanco senza un motivo. Ex adiuvantibus è possibile associare terapia con integratori (la cui idoneità è da verificare con l’edizione aggiornata del Prontuario AIC) in questi casi.

Sperando di esserLe stato di aiuto La saluto cordialmente.

Umberto Volta

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Sono la mamma di una ragazza celiaca di 14 anni che è a dieta senza glutine da quando aveva 17 mesi! E’ sempre cresciuta molto in altezza, (si manteneva sempre all’80° percentile, a volte anche di più), soltanto che è da un anno che la sua altezza è ferma a 1,58 ed io sono molto preoccupata per questo.Se può essere utile a chi vorrà rispondermi io sono alta 1,75 e il padre anche, e poi la ragazza ha già avuto il menarca circa 2 anni fa.
Vi prego di aiutarmi e consigliarmi qualcosa!

Risposta dr.ssa Elisabetta Fabiani:

Ancona, 20.02.04

La comparsa del menarca da circa 2 anni ormai giustifica praticamente lo stop o comunque il rallentamento della crescita in altezza di sua figlia. Tuttavia, sebbene la ragazza abbia completato lo sviluppo puberale, la sua statura potrà aumentare ancora di qualche altro centimetro. L’unico dato a mio parere poco chiaro è il fatto che, riportando la statura attuale di sua figlia sulle curve di crescita che noi pediatri utilizziamo, essa si colloca praticamente al limite inferiore del “target” genetico (ovvero dell’altezza media che le avete dato voi genitori), mentre lei riferisce che l’andamento è sempre stato superiore alla norma (ovvero intorno all’80° percentile). Pertanto, sarebbe necessario innanzitutto confermare, dati di altezza alla mano, l’andamento da lei descritto e valutare la presenza di una eventuale sintomatologia associata (gastrointestinale e non). Per quanto riguarda la celiachia, se la ragazza ha sempre seguito e segue correttamente la dieta priva di glutine non ci sono problemi (a tale proposito, sarebbe utile, come credo lei farà già, eseguire almeno un controllo annuale dei marcatori sierologici per la celiachia, unitamente alla valutazione del ferro e della funzionalità ed autoimmunità tiroidee).

Dr.ssa. Elisabetta Fabiani
Clinica Pediatrica Università Politecnica delle Marche
Ancona

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Chiedo notizie inerenti la statura in rapporto alla celiachia.E possibile che una bimba di anni 13 si presenti quasi al di sotto delle tabelle di riferimento pur avendo i familiari di statura alta.

Se è una bimba già diagnosticata celiaca che segue la dieta g.f il suo accrescimento dovrebbe essere normale, in questo caso, la verifica di eventuali rallentamenti dovrebbe essere fatta dal medico o con una visita auxologica.

Se invece il mancato accrescimento è fonte di sospetto per la celiachia, questo potrebbe essere giustificato, infatti, nelle forme che esordiscono tardivamente, dopo il 2°-3° anno di vita, la sintomatologia gastroenterica è per lo più sfumata e in genere prevalgono altri sintomi, quali deficit dell’ accrescimento della statura e/o del peso, ritardo dello sviluppo puberale, dolori addominali ricorrenti e anemia ecc.

In questo caso, alcuni esami di laboratorio (anticorpi antigliadina, antiendomisio e antitransglutaminasi) possono rafforzare il sospetto di una celiachia, ma solo la verifica di anomalie della mucosa (atrofia totale o parziale dei villi, prelevati mediante una biopsia eseguita durante una gastroscopia), può consentire la diagnosi.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Chi è celiaco o parente di primo grado di una persona celiaca può seguire il piano di vaccinazioni previsto per la popolazione generale? Esistono correlazioni tra alcuni tipi di vaccino e l’insorgenza della malattia celiaca?

Non esiste al momento nessuna evidenza nella letteratura scientifica che correli i diversi tipi di vaccini né a problematiche particolari in celiaci già diagnosticati né all’insorgenza stessa della celiachia in soggetti geneticamente predisposti. Di conseguenza i soggetti celiaci già diagnosticati a dieta aglutinata e i loro parenti di primo grado inclusi i bambini e i neonati, anche nel caso presentassero i geni predisponenti per la celiachia, devono seguire il piano di vaccinazioni previsto per la popolazione generale per tutti i vaccini.

In particolare, riguardo al vaccino contro il Rotavirus, l’ipotesi che le infezioni ricorrenti da Rotavirus siano un trigger per la comparsa della celiachia è da considerarsi al momento non supportata da evidenze scientifiche. A conferma di ciò, nei Paesi in cui la vaccinazione anti-Rotavirus è molto diffusa nella popolazione, non si registrato un aumento dell’incidenza di Celiachia.

Quindi non vi è alcun motivo per controindicare la vaccinazione anti Rotavirus, se indicata, in soggetti celiaci o a rischio genetico per celiachia.

Al contrario, l’effetto protettivo del vaccino anti-Rotavirus previene una gastroenterite che nei Paesi Occidentali è ancora causa di ospedalizzazione.

Aggiornamento Giugno 2017

Quali sono le complicanze della celiachia? 

Tratto da Protocollo Diagnosi (GU 191/2015)

Le principali complicanze della MC sono:

(a) la celiachia refrattaria

(b) il linfoma T-cellulare

(c) l’atrofia della milza

Si tratta di rare situazioni che occorrono in circa il 5% dei pazienti celiaci che afferiscono a Centri di riferimento e che peggiorano, in misura spesso irreversibile, il decorso clinico della celiachia. È opportuno chiarire che, nella quasi totalità dei casi, riguardano la forma dell’adulto, cioè adulti diagnosticati in età adulta e non pazienti in età pediatrica o pazienti adulti diagnosticati in età pediatrica e da allora in dieta aglutinata. A conferma, solo per la forma dell’adulto è stata ripetutamente riportata una mortalità significativamente superiore a quella della popolazione generale. Fattori predisponenti allo sviluppo di complicanze sono rappresentati da una diagnosi tardiva e/o da una insufficiente compliance alla dieta aglutinata.

Desidererei conoscere quali sono i sintomi e la cura per la celiachia dellapelle o meglio definita dermatite erpetiforme. Inoltre vorrei sapere esattamente la durata della terapia e quali sono le eventuali complicanze.

risposta medica:

La dermatite erpetiforme è una dermatite cronica, che recidiva con facilità, a insorgenza più frequente dopo la prima o la seconda decade di vita. Si caratterizza per l’eruzione simmetrica di vescicole e di piccole bolle, spesso raggruppate, associate ad arrossamenti della cute e a papule. Si localizzano più frequentemente nella regione lombare, ai gomiti, alle ginocchia, alle spalle, al volto, al collo e alle natiche.
La distribuzione delle lesioni assume spesso una configurazione a grappolo, che ricorda l’herpes zoster o “fuoco di S.Antonio”. Le manifestazioni cutanee provocano un intenso prurito o addirittura sensazione di bruciore, e ricompaiono periodicamente. La malattia ha un decorso cronico e dura per tutta la vita può permanere per molto tempo, persistendo anche dopo la pubertà, qualche volta fino a 40 anni.
La diagnosi definitiva viene posta con la biopsia cutanea. Frequentemente (nell’85-95% dei casi) la dermatite erpetiforme si associa con la malattia celiaca, una condizione di intolleranza permanente al glutine contenuto nel frumento, orzo, segale ed avena.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Mi hanno messo a dieta senza glutine prima della biopsia, ma quando ho dovuto farla è risultata negativa. Quello che volevo chiedere è per quanto tempo si deve mangiare con il glutine nuovamente prima di fare la biopsia affinché il risultato sia valido?

Risposta del Prof.Umberto Volta:

L’unico modo per sapere se effettivamente si ha la celiachia è quello di riprendere la dieta libera con glutine per almeno 6 settimane (periodo minimo a livello internazionale per il challenge con glutine) e di ripetere successivamente anticorpi antiendomisio ed antitransglutaminasi unitamente alla biopsia intestinale.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Test sierici negativi, pur accusando i disturbi tipici della celiachia

Domanda:
Presento da vari anni alcuni disturbi da malassorbimento, in particolare un costante ed esagerato gonfiore addominale, spesso accompagnato da dolori di pancia, meteorismo e pessima digestione, con alito cattivo e “rumori intestinali” che durano per varie ore dopo la fine del pasto, stipsi e rare volte diarrea; inoltre ho vari sintomi che potrebbero ricadere nel quadro della celiachia, come debolezza e mancanza di energia, pallore, pesantezza agli arti inferiori, e altre cose quali pressione bassa, colesterolo alto, prima mestruazione a quasi 20 anni, seppur nessun particolare problema di crescita (ora di anni ne ho 31).
Ho provato a seguire una dieta priva di glutine e questi sintomi sono scomparsi.
Ho quindi fatto le analisi del sangue per sospetta celiachia (antiendomisio, antigliadina igA, antigliadina IgG e antitransglutaminasi), che sono risultate negative, l’unico sospetto era dato dall’antigliadina igG con un valore (24) sulla soglia dell’intervallo di riferimento (0-25).
Oltre a queste analisi ho fatto anche alcuni esami allergologici e sono risultata allergica (classe 1 o 2 a seconda dei casi) a tutti i cereali per cui ho fatto il test IgE (grano, segale (farina), orzo, granoturco).

La mia domanda è: questa allergia può essere la responsabile dei sintomi riportati sopra? Converrebbe mica per caso procedere ugualmente anche con una biopsia, in caso rientrassi in uno di quei rari(?) casi di celiaci con esito negativo delle analisi del sangue?

Risponde : Prof. Antonio Calabrò consulente scientifico dell’A.I.C.
Cara Sandra,
i sintomi da lei denunciati sono molto vaghi e aspecifici e come tali potrebbero essere ascrivibili a patologie diverse (ad esempio oltre che alla malattia celiaca anche ad una sindrome da intestino irritabile);
alcuni elementi quali il menarca ritardato (a 20 anni), la stanchezza cronica, il gonfiore, i rumori (borborigmi) addominali e la buona risposta al tentativo di esclusione del glutine dalla dieta (cosa che tuttavia non andrebbe mai fatta prima di essere giunti ad una chiara diagnosi) tenderebbero ad avallare il sospetto clinico di celiachia, ma il dosaggio degli anticorpi anti-gliadina, anti-endomisio e anti-transglutaminasi ha fornito un risultato negativo (non è chiaro peraltro quanto tempo è durata la dieta priva di glutine e se gli anticorpi siano stati dosati durante o subito dopo la dieta); in compenso sarebbero risultati positivi dei tests allergologici (presumo un RAST visto che si parla di IgE specifiche) per grano, segale, farina, orzo, e granoturco. Un allergia ai suddetti cereali, tuttavia, generalmente non si manifesta con la sintomatologia suddetta, per cui credo che la causa dei disturbi vada ricercata in altre condizioni, attraverso una anamnesi accurata ed un attento esame obiettivo.
In ogni caso, in presenza di un fondato sospetto diagnostico di celiachia, può essere opportuno sottoporsi ad esame endoscopico con biopsie della II-III porzione duodenale, anche se gli anticorpi (AGA, EMA, tTGA) sono negativi.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Sono figlia di madre celiaca e ho due fratelli celiaci, posso anch’io sviluppare la celiachia?

Risponde la Dr.ssa Elisabetta Fabiani:

Come già si saprà, i familiari di primo grado (figli, fratelli/sorelle, genitori) dei pazienti celiaci presentano un rischio pari a circa il 10 – 15% in più, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare una malattia celiaca.
Le indagini che Lei ha effettuato fino ad ora (anticorpi antigliadina, antiendomisio ed antitransglutaminasi e la biopsia intestinale) non hanno, per il momento, confermato la presenza di una intolleranza al glutine.
Tuttavia, data la familiarità, suggerirei di eseguire la ricerca degli aplotipi di predisposizione genetica per la celiachia (HLA DQ2/DQ8), sottolineando che questo test ha importanza in senso negativo, ovvero il non riscontro dei suddetti geni esclude pressoché totalmente la possibilità di sviluppare nel tempo una malattia celiaca. La presenza invece di uno od entrambi i geni documenta soltanto la predisposizione genetica alla intolleranza al glutine e, quindi, la necessità di controllare i marcatori sierologici per la celiachia (ovvero, gli anticorpi antitransglutaminasi), ogni 2 anni circa o, prima, qualora dovessero comparire dei sintomi più o meno tipici (ad esempio, disturbi gastrointestinali, anemia con o senza sideropenia resistente alla terapia con ferro per via orale, comparsa di malattie autoimmune quali diabete mellito insulino-dipendente o tiroidite di Hashimoto, ecc.).
In occasione del prelievo di sangue per eseguire il controllo degli anticorpi antitransglutaminasi e la ricerca dei suddetti aplotipi HLA, Le suggerirei inoltre di effettuare la determinazione delle immunoglobuline sieriche di classe A, per escludere la presenza di un deficit selettivo delle IgA sieriche (condizione peraltro associata alla celiachia), in conseguenza del quale gli anticorpi antigliadina IgA, antiendomisio ed antitransglutaminasi, essendo appunto tutti di classe A, risultano ovviamente tutti normali. In tal caso,l’unico esame da controllare e da tenere dunque in considerazione è quello degli anticorpi antigliadina di classe IgG che, in presenza di un deficit selettivo delle IgA sieriche in un soggetto celiaco non ancora diagnosticato,risultano aumentati (non posso commentare il valore degli anticorpi antigliadina di classe IgG che Lei ha eseguito, dato che non ne sono stati riportati i valori di normalità). Infatti, la presenza di valori aumentati degli anticorpi antigliadina di classe IgG, unitamente a quella degli aplotipi HLA di predisposizione per la celiachia, costituiscono il criterio per eseguire/ripetere la biopsia intestinale.

Dr.ssa Elisabetta Fabiani Clinica Pediatrica, Università di Ancona

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Si può sviluppare la celiachia nei familiari anche se i loro esami sono negativi?

Domanda:
Vorrei sapere se è possibile che mia sorella risulti assolutamente negativa agli esami del sangue, ma abbia la celiachia.
E vero che si possono sviluppare varie forme di tumore per chi non segue bene la dieta?

Risponde il Dr. Italo De Vitis consulente scientifico A.I.C.

Abitualmente il paziente celiaco ha i test di screening positivi ,dal momento che un corretto approccio alla diagnosi prevede prima l’esecuzione dei test e di conseguenza la biopsie solo nei soggetti risultati positivi.
Esiste solo una possibilità nota che i test siano risultati negativi pur in presenza di una malattia celiaca:la contemporanea presenza di un DEFICIT di IgA,condizione questa legata geneticamente alla celiachia, e che condiziona la falsa negatività dei test di screening essendo questi basati sulla determinazione di anticorpi di classe IgA.
In questo caso occorre determinare gli stessi anticorpi -antiendomisio ed antitransglutaminasi – di classe IgG che in presenza di celiachia dovrebbero essere positivi.
Occorre tenere presente però che esistono altre patologie intestinali,anche comuni -alcune parassitosi per es.-, che possono dare segni di malassorbimento ed essere caratterizzare da atrofia dei villi, pur in assenza di malattia celiaca.Per quanto riguarda l’eventuale relazione con i tumori – in particolare tumori dell’apparato digerente ed il linfoma intestinale in particolare – esistono dati – in realtà un pò vecchiotti – in letteratura di una possibile maggiore incidenza degli stessi nei celiaci non a dieta.
Dati più recenti ridimensionano il problema ,specie per ciò che concerne il linfoma.Attenzione però,perché il celiaco non a dieta – anche se fortunatamente non sviluppa neoplasie – vive male e va incontro a patologie non neoplastiche che limitano notevolmente la sua qualità di vita e talora la vita stessa.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Cosa fare se il gonfiore addominale persiste anche dopo l’avvio della dieta aglutinata?

risponde Prof. Umberto Volta, Presidente del CSN-AIC:

Il gonfiore addominale è un sintomo spesso presente nella storia clinica dei celiaci al momento della diagnosi. Anche se in una discreta percentuale di pazienti tale sintomo si risolve o si attenua significativamente dopo pochi mesi di dieta aglutinata, in molti casi il disturbo persiste ed è uno degli aspetti di cui i celiaci si lamentano maggiormente.
E’ ormai chiaramente stata dimostrata una stretta associazione fra celiachia e colite in senso lato che talvolta si manifesta con il semplice gonfiore (in termine scientifico meteorismo) e nella mia personale esperienza devo dire che almeno il 50% dei pazienti celiaci ne soffre. La dieta aglutinata spesso non risolve il problema, anzi talvolta acuisce il gonfiore stesso in relazione alla stipsi indotta dal nuovo regime alimentare.
Questo è il motivo per cui in una elevata percentuale dei pazienti celiaci è indicato l’uso di fermenti lattici in modo sistematico con un periodo di attacco anche di un mese continuativo e poi a cicli per alcuni giorni al mese.
Certo, non bisogna dimenticare che gli strappi alla dieta e le assunzioni involontarie di glutine possono anch’essi incrementare il gonfiore addominale, per cui in particolare nei soggetti con celiachia e colite è oltremodo importante associare la terapia con fermenti lattici ad uno strettissimo rispetto della dieta evitando al minimo i rischi di assunzione involontaria che naturalmente determinano un immediato peggioramento del gonfiore.
E’ chiaro che nel determinismo del colon irritabile un ruolo di primo piano è svolto dallo stress che altera gli equilibri del nostro intestino sia dal punto di vista immunologico che della flora batterica. E’ pertanto buona norma pe tutti coloro che soffrono di tale problema, indipendentemente dalla presenza della celiachia, cercare di ridurre al minimo gli stress.

Umberto Volta Presidente CSN-AIC

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

La salute delle persone celiache è più a rischio a causa della necessità di seguire una dieta senza glutine per tutta la vita? 

La qualità nutrizionale degli alimenti senza glutine, assimilabile a quella dei prodotti convenzionali con glutine, può comunque essere migliorata. Altrettanto importante è il monitoraggio della salute dei pazienti celiaci, oltre la celiachia, che permette di analizzare l’impatto complessivo della dieta senza glutine, al di là delle valutazioni sui singoli alimenti che la compongono. Non dimentichiamo, infatti, che la salubrità di una dieta è data dalla sua varietà ed equilibrio nell’abbinamento degli alimenti, secondo porzioni e frequenze che variano al variare della tipologia di alimento, dell’età e delle condizioni di salute oltre che dello stile di vita della persona. Nel 2013, la più importante rivista di Gastroenterologia internazionale, Gastroenterology (2013) pubblica studio sull’incidenza nei pazienti con celiachia di sindrome metabolica e diabete mellito di II tipo (entrambe patologie cronico-degenerative legate ad una scorretta alimentazione), che è più bassa rispetto ai soggetti non celiaci e alla popolazione generale (Celiac Center, Department of Medicine, Division of Gastroenterology, Beth Israel Deaconess Medical Center, Boston, Massachusetts). Nel 2011 su Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases si riporta che i bambini celiaci sovrappeso ed obesi in dieta senza glutine sono significativamente meno dei sovrappeso e obeso tra i controlli, cioè tra il campione non celiaco (Zuccotti, Milano).

Quindi, non si evidenzia un danno alla salute connesso all’assunzione dei prodotti senza glutine o della dieta gluten-free. Resta, per i celiaci come per tutti importantissimo l’attenzione alle linee guida generali per l’educazione alimentare.

Per approfondimenti scarica gli studi citati dalla FAQ:

1. file sindrome metabolica

2. file bambini sovrappeso

ultimo aggiornamento: ottobre 2015

Quali sono i disturbi della malattia da reflusso associata con la celiachia?

Brevemente voglio raccontarvi la mia storia. Faccio parte di coloro che sono stati diagnosticati in età adulta. La mia diagnosi di celiachia è venuta dopo anni di continui disturbi di cui nessun medico riusciva a venirne a capo. Finchè all’età di 30 anni finalmente arriva la diagnosi di celiachia accolta con grande sollievo. In questi 6 anni a seguito di una dieta rigidissima i miei esami del sangue sono rientrati nella norma e dall’esito dell’ultima gastroscopia anche i villi risultano nella norma. Ma nonostante questi esiti diagnostici positivi purtroppo non posso dire di sentirmi in forma.
In questi ultimi mesi in fase di digestione mi si presenta un gonfiore che parte dall’altezza dello stomaco e risale lungo l’esofago fino a provocare una sensazione di compressione nella gola e tutto ciò mi provoca una sensazione di stordimento quasi stessi per svenire. E’ stata questa sensazione, non certo piacevole, che mi ha spinto un mese fa a fare una nuova gastroscopia, da cui risulta un’Esofagite di grado A secondo il sistema di Los Angeles. Ora mi chiedo è possibile che un’esofagite di grado A, quindi non grave, possa portare (provocando questa risalita notevole d’aria lungo l’esofago) una situazione di malessere generale di questo genere??? Qualcuno di voi ha vissuto un’esperienza?

Risponde: Dr. Italo De Vitis consulente scientifico dell’ A.I.C.

I sintomi da lei riferiti sono ” classici ” per quella che viene definita una MALATTIA DA REFLUSSO GASTROESOFAGEO, dovuta a disturbi prevalentemente motori e di incontinenza cardiale che comportano una “risalita” di secreto gastrico. Si sa che non esiste una stretta correlazione tra entità dei sintomi e entità del danno, per cui a fronte di una esofagite di grado lieve come quella che Le è stata riscontrata vi sono dei sintomi molto irritanti e talora inquietanti.
Queste forma si curano con uso di farmaci appropriati come inibitori della pompa protonica e cosiddetti eucinetici, ma sopratutto con norme igienico alimentari tese a regolare non solo il pasto ma il modo di mangiare. Non esiste correlazione causa effetto con la celiachia ma se stando a dieta è aumentato di peso, questo aumento può contribuire a esaltare la sintomatologia.
Quindi dieta… e non solo priva di glutine.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Da 6 anni a seguito di una dieta rigidissima i miei esami del sangue sono rientrati nella norma e dall’esito dell’ultima gastroscopia anche i villi risultano nella norma. Ma nonostante questi esiti diagnostici positivi purtroppo non posso dire di sentirmi in forma. In questi ultimi mesi in fase di digestione mi si presenta un gonfiore che parte dall’altezza dello stomaco e risale lungo l’esofago fino a provocare una sensazione di compressione nella gola e tutto ciò mi provoca una sensazione distordimento quasi stessi per svenire.E’ possibile che un’Esofagite di grado A, quindi non grave, possa portare (provocando questa risalita notevole d’aria lungo l’esofago) una situazione di malessere generale di questo genere??? 

Risponde: Dr. Italo De Vitis consulente scientfico dell’ A.I.C.

I sintomi da lei riferiti sono ” classici ” per quella che viene definita una MALATTIA DA REFLUSSO GASTROESOFAGEO,dovuta a disturbi prevalentemente motori e di incontinenza cardiale che comportano una ” risalita ” di secreto gastrico.Si sa che non esiste una stretta correlazione tra entità dei sintomi e entità del danno ,per cui a fronte di una esofagite di grado lieve come quella che Le è stata riscontrata vi sono dei sintomi molto irritanti e talora inquietanti.
Queste forme si curano con uso di farmaci appropiati come inibitori della pompa protionica e cosiddetti eucinetici,ma sopratutto con norme igienico alimentari tese a regolare non solo il pasto ma il modo di mangiare. Non esiste correlazione causa effetto con la celiachia ma se stando a dieta è aumentato di peso,questo aumento può contribuire a esaltare la sintomatologia. Quindi dieta… e non solo priva di glutine.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Presento vari disturbi che scompaiono eliminando il glutine dalla mia dieta, ma gli esami dicono che non sono celiaca, come mai?

Risponde : Prof. Antonio Calabrò consulente scientifico dell’A.I.C.:

i sintomi da lei denunciati sono molto vaghi e aspecifici e come tali potrebbero essere ascrivibili a patologie diverse (ad esempio oltre che alla malattia celiaca anche ad una sindrome da intestino irritabile);
alcuni elementi quali il menarca ritardato (a 20 anni), la stanchezza cronica, il gonfiore, i rumori (borborigmi) addominali e la buona risposta al tentativo di esclusione del glutine dalla dieta (cosa che tuttavia non andrebbe mai fatta prima di essere giunti ad una chiara diagnosi) tenderebbero ad avallare il sospetto clinico di celiachia, ma il dosaggio degli anticorpi anti-gliadina, anti-endomisio e anti-transglutaminasi ha fornito un risultato negativo (non è chiaro peraltro quanto tempo è durata la dieta priva di glutine e se gli anticorpi siano stati dosati durante o subito dopo la dieta);
in compenso sarebbero risultati positivi dei tests allergologici (presumo un RAST visto che si parla di IgE specifiche) per grano, segale, farina, orzo, e granoturco.
Un’allergia ai suddetti cereali, tuttavia, generalmente non si manifesta con la sintomatologia suddetta, per cui credo che la causa dei disturbi vada ricercata in altre condizioni, attraverso una anamnesi accurata ed un attento esame obiettivo.
In ogni caso, in presenza di un fondato sospetto diagnostico di celiachia, può essere opportuno sottoporsi ad esame endoscopico con biopsie della II-III porzione duodenale, anche se gli anticorpi (AGA, EMA, tTGA) sono negativi.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Come reintrodurre il glutine nella dieta prima di effettuare la diagnosi di celiachia? 

Accade sempre più frequentemente che qualcuno, dopo aver seguito una dieta senza glutine anche per anni (per diagnosi poste dai medici curanti senza avere seguito il protocollo, diagnosi fai-da-te, suggerimenti di amici e parenti ecc), debba o voglia verificare se è realmente affetto da celiachia.

Tuttavia non esiste ad oggi una procedura standardizzata di reintroduzione del glutine in questi casi. Finora si è proceduto secondo una pluralità di approcci.

Considerato questo, il Board del Comitato Scientifico AIC ha redatto un protocollo che definisce ed uniforma i tempi e le modalità di reintroduzione del glutine nella dieta prima di procedere con gli accertamenti diagnostici sierologici e strumentali. Questo protocollo, consultabile al link in calce, presenta due diverse tempistiche, una per gli adulti e una per l’età pediatrica, e va eseguito sotto stretto controllo del medico.

In ogni caso, il primo stadio è valutare se il soggetto sia a rischio da un punto di vista genetico, cioè portatore dei geni DQ2/8. La dieta libera prevede che si consumi almeno una porzione di alimenti contenenti glutine ai tre pasti principali.

Il Board scientifico di AIC invita a non iniziare mai una dieta senza glutine di propria iniziativa: si impedirebbe al medico la possibilità di fare diagnosi di celiachia con certezza. Tuttavia, se attualmente ci si trova in dieta senza glutine da diversi mesi/anni e si desidera arrivare ad una diagnosi certa di celiachia, si invita a far leggere il protocollo di reintroduzione del glutine e successive iter diagnostico al proprio medico di famiglia/specialista.

Il Board del Comitato Scientifico AIC è contattabile da parte dei medici curanti per eventuali richieste di informazioni (ufficioscientifico@celiachia.it).

Sono stata diagnosticata celiaca a 38 anni e con dermatite erpetiforme (tanti anni comunque persi perchè non sapevano cosa fosse)
Ho sempre avuto le transaminasi sballate e ho capito poi che erano collegate alla celiachia. Il colesterolo invece è sempre stato sotto il minimo. Da quando invece ho iniziato la dieta nel 2000 ogni anno che passava il colesterolo è aumentato fino ad arrivare ad oggi a 248 e le transaminasi sono leggermente mosse. Mi hanno detto che probabilmente è una steatosi epatica dovuta ad accumulo di grasso nel fegato, dovuto anche agli alimenti dietetici perchè sono molto più grassi. E’ vero tutto ciò?

Risposta del Prof.Umberto Volta:

Il rapporto transaminasi-celiachia è stato uno degli aspetti di cui mi sono occupato maggiormente in questi ultimi anni, per cui ho letto con interesse quanto scrive la Sig.ra. Sono perfettamente d’accordo sul fatto che l’ipertransaminasemia senza una causa eziologica nota sia un possibile segno di presentazione di celiachia ed il suo manifestarsi è imputabile ad un aumentato passaggio di antigeni alimentari attraverso la barriera intestinale (con incrementata permeabilità nella celiachia) ed al loro successivo arrivo attraverso il circolo portale al fegato con conseguente citonecrosi epatica. Abbiamo dimostrato con numerosi contributi scientifici che la dieta aglutinata stretta normalizza i valori delle transaminasi nel giro di 3-6 mesi. Ma il dato veramente interessante che abbiamo osservato, ed in questo sono pienamente d’accordo con la paziente celiaca, è che a distanza di un periodo variabile da 10 a 14 mesi di dieta senza glutine il 40% dei pazienti celiaci che avevano esordito con il rialzo delle transaminasi e che avevano presentato successiva normalizzazione delle stesse, presentavano nuovamente segni di citonecrosi epatica con movimento delle transaminasi fino 1.5 x-2x. Tutti questi pazienti presentavano all’ ecografia del fegato una ecostruttura epatica addensata indice di steatosi epatica, non presente prima dell’inizio della dieta senza glutine. Solo in alcuni casi era presente un significativo aumento ponderale. Il rialzo delle transaminasi è riferibile in questi pazienti alle modificazioni metaboliche epatiche indotte dall’ elevata quantità di lipidi contenuta in alcuni cibi senza glutine. In pratica, se l’alimentazione è particolarmente sbilanciata verso il consumo di prodotti dietoterapeutici il celiaco è esposto al rischio di sviluppare una NASH, cioè una steatoepatite non alcoolica. Tali dati sono riportati in particolare nel lavoro “Anti tissue transglutaminase antibodies as predictors of silent coeliac disease in patients with hypertransaminasaemia of unknown origin”, pubblicato su Digest Liver Dis 2001; 33:420-425 (U. Volta et al.)

Prof. Umberto Volta

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Esami Diagnostici

Al fine di ottenere l’esenzione medica per l’ottenimento dei prodotti senza glutine, è necessario che sia effettuata una biopsia della mucosa?

Al fine di assicurare un percorso diagnostico appropriato mediante l’adozione del protocollo clinico concordato, la diagnosi di celiachia è effettuata o confermata solo dai presidi accreditati con il Servizio sanitario nazionale e in possesso di documentata esperienza in attività diagnostica specifi ca per la celiachia, nonché di idonea dotazione di strutture di supporto e di servizi complementari, appositamente individuati, mediante atto formale, dalle Regioni e dalle Provincie Autonome di Trento e Bolzano.

La diagnosi di celiachia si effettua mediante dosaggi sierologici (analisi del sangue) di specifici anticorpi e biopsia dell’intestino tenue con il prelievo di un frammento di tessuto, per determinare l’atrofia dei villi intestinali attraverso l’esame istologico. Una volta posta la diagnosi definitiva, il celiaco ha diritto, attraverso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e fino a un tetto massimo di spesa, all’erogazione gratuita dei prodotti dietetici senza glutine indicati nell’apposito Registro del Ministero della Salute.

A seguito dei nuovi LEA (DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 12 gennaio 2017, Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. (17A02015),  GU n.65 del 1832017 Suppl. Ordinario n. 15), celiachia e dermatite erpetiforme sono state inserite negli elenchi delle malattie croniche, non avendo più da tempo le caratteristiche previste per la definizione di malattia rara (rapporto diagnosi popolazione generale pari a 1:5000). Il nuovo quadro normativo, pertanto, non prevede Centri e Presidi accreditati, oggi appositamente disciplinati dall’accordo in Conferenza Stato Regioni e PA N. 105 del 6 luglio 2017, che ha fissato i criteri minimi per identificare i Centri e i Presidi che potranno effettuare la diagnosi di celiachia e dermatite erpetiforme sulla base sia delle Linee Guida Ministeriali sia dei nuovi LEA.

Ultimo aggiornamento: settembre 2018

Ho letto che con un deficit di IGA si puo’ avere una falsa negatività negli esami del sangue per la celiachia. ciò puo’ accadere anche con delle IGE di tale tipo?
S-IgE totali * 196 UI/ml (<100) perche' ho tutti gli esami negativi pero' ho tutti i sintomi di un celiaco.

No, le IgE sono immunoglobuline specifiche per le allergie e non c’entrano niente con la celiachia….cosi è riportato in letteratura vedi allegato.

Immunoglobuline IgE specifiche (IgE)

a cosa serve: I valori normali sono in relazione al tipo di test utilizzato.
RAST (specifico per sostanza o classi di allergeni, con classi di positivita’ 1-5):
classe 1: IgE specifiche assenti
classe 2: piccole quantita’ di IgE specifiche
classe 5: quantita’ massima di IgE specifiche.
PHADIATOP (test per screening agli pneumoallergeni respiratori):
negativo: assenza di IgE specifiche
positivo: presenza di IgE specifiche.
CLA-DHS (test generale con 36 allergeni, con classi di positivita’ 0-4):
classe 0: assenza di IgE specifiche
classe 4: presenza di IgE specifiche massiccia.

che cosa è:
E’ una immunoglobulina che si lega ai mastociti e ai basofili (vedi) nelle vie respiratorie ed intestinali. Legandosi con l’antigene provoca (da parte di queste cellule) la liberazione (degranulazione) di sostanze coinvolte nelle reazioni allergiche.
Infatti circa il 50% dei soggetti allergici presenta un aumento della concentrazione dell’IgE.

come si fa:
vedi le indicazioni generali a proposito del prelievo del sangue.

quando fare l’esame:
I valori sono ALTI nelle seguenti situazioni cliniche:
allergie a sostanze, batteri, alimenti.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Mio figlio, celiaco da 3 anni e mezzo, (ne ha 5) sta seguendo una dieta rigidissima, e ne vediamo i risultati ottimi, leggendo tutte le email riguardando i nostri problemi sul sito AIC, leggevo che molte persone (come mio figlio) non sopportano la gastroscopia, parlando con il mio pediatra mi diceva che adesso per effettuare controlli per quanto riguarda la gastro è possibile fare una banalissima analisi GENETICA. Potrebbe cortesemente darmi spiegazioni più approfondite su questo tipo di analisi?

L’analisi genetica cui Lei fa riferimento riguarda la determinazione, mediante prelievo di sangue, degli aplotipi di predisposizione per la celiachia (HLA-DQ2e DQ8) utilizzando un kit del commercio praticamente ormai diffuso in tutti i laboratori specializzati. Si tratta di geni, appartenenti appunto al sistema HLA, la cui presenza indica soltanto che quel soggetto è predisposto allo sviluppo della celiachia, la cui diagnosi deve essere ovviamente posta anche valutando il quadro clinico, gli altri dati di laboratorio e l’esame istologico del frammento di mucosa intestinale. Praticamente, il test genetico è importante in senso negativo, ovvero il mancato riscontro degli aplotipi HLA-DQ2 e/o DQ8 rende assai poco probabile (almeno in una percentuale pressoché corrispondente al 95 %) che quell’individuo svilupperà una celiachia.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Avrei bisogno di sapere qualcosa sugli esami genetici per la celiachia. Mia madre li ha fatti e il valore “2” è risultato fortemente sballato, avendo mia figlia celiaca vuol dire che anche lei potrebbe diventarlo e in che percentuale?

Una malattia che si eredita:
La celiachia è riconosciuta da tempo come malattia ereditaria, legata al complesso maggiore di istocompatibilità o HLA, in particolare alla combinazione allelica HLA-DQ2. Tuttavia, malgrado il forte legame tra HLA e malattia, nei consanguinei compatibili con HLA identici c’è concordanza per la malattia solo nel 25-50% dei casi, mentre nei gemelli omozigoti la concordanza è di poco inferiore al 100% (vale a dire che se un gemello soffre del disturbo è quasi impossibile che non ne soffra anche l’altro). Se si aggiunge che in Europa settentrionale il 25% della popolazione sana presenta comunque HLA-DQ2 è probabile che, oltre a quelle legate al complesso maggiore di istocompatibilità, concorrano anche altre caratteristiche genetiche. Tra i parenti di primo grado di persone affette da celiachia la possibilità di avere la malattia è compresa tra il 10 e il 20%.
Fonti:
Ciclitira PJ et al. AGA technical review on Celiac Sprue. American Gastroenterological Association.

Gastroenterology. 2001 May;120(6):1526-40.

Bernstein CN et al. AGA technical review on osteoporosis in gastrointestinal diseases.

Gastroenterology. 2003 Mar;124(3):795-841.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Ho letto su un sito internet che si può usare la nuova pillola telecamera per diagnosticare la celiachia, si potrebbe così evitare la biopsia?

Pur essendo quella capsula un prodotto di grande interesse (viste le notevoli prestazioni), non è in grado di fornire le informazioni proprie di una biopsia. Pensi che talvolta non ci si può limitare a effettuare l’esame istologico, ma sono necessarie accurate valutazioni citologiche (conta dei linfociti che infiltrano la mucosa ecc.). Pertanto la capsula a mio parere non è in grado di permettere una diagnosi di celiachia.
Devo ammettere che le informazioni che appaiono sul sito fanno pensare a questo, fornendo indicazioni che a me paiono ambigue e fraintendibili. Il maggiore esperto nell’uso di queste capsule è il Prof. de Angelis della Clinica Pediatrica di Parma.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Nei prossimi giorni mia figlia dovrà fare una biopsia intestinale. Vorrei sapere se è proprio necessaria o potevo direttamente fare la dieta senza glutine.
Mia figlia, come sintomi ha solo una leggera anemia e una alopecia areata dietro la nuca e niente altro che faccia prevedere che possa essere celiaca. Purtroppo le analisi del sangue sulla celiachia sono positivi.

La storia (alopecia e anemia) e il laboratorio sono fortemente suggestivi di celiachia. La biopsia intestinale è per ora ancora necessaria per avere la diagnosi di certezza e la certificazione.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Ricerca Scientifica e Bandi FC

In che modo Fondazione Celiachia regolamenta l’uso degli animali nella ricerca scientifica finanziata con i Bandi FC?

Farmaci, Integratori e Dispositivi Medici

Quali dispositivi medici sono idonei per il celiaco?

I dispositivi medici non sono tutelati da specifiche norme che ne disciplinino il contenuto in glutine o in amido di frumento. In particolare:

– analogamente ai cosmetici, un dispositivo medico può essere considerato del tutto innocuo per un celiaco per tutte quelle modalità di assunzione che non implicano l’ingestione e quindi il contatto con la mucose intestinale: cute, labbra, bocca SENZA INGESTIONE si veda ad esempio quei dentifrici registrati come dispositivi medici, orecchie, occhi, e applicazione topica in generale

– un dispositivo medico che comporti l’ingestione orale è invece potenzialmente a rischio per il celiaco. In tal caso si consiglia di verificare che il dispositivo medico riporti il claim “Senza Glutine”

– un dispositivo medico che preveda un utilizzo rettale è potenzialmente dannoso per il celiaco, anche se il suo contenuto resta limitato al retto (dove non ci sono villi intestinali). Infatti, uno studio in vitro (Troncone et al. AJG, 2003; 98: 250) ha dimostrato che la mucosa rettale estratta da pazienti diabetici è capace di una risposta infiammatoria in seguito all’esposizione al glutine. Pertanto, per precauzione, al momento si sconsiglia l’uso di dispositivi medici con utilizzo rettale (supposte, enteroclismi) se non riportano la dicitura “senza glutine”.

ultimo aggiornamento: novembre 2016

Quali farmaci può assumere il celiaco?

Il Ministero della Salute attraverso la nota N. F.800.AIC/7558 del 5 Febbraio 2004 (1) e successivamente l’Agenzia Italiana del Farmaco con la nota “Chiarimenti relativi alle norme abrogate” del 29 agosto 2006 (2), si sono espressi riguardo al contenuto di glutine nei farmaci, chiarendo che i celiaci possono tranquillamente assumere tutti i farmaci presenti sul mercato, anche quelli contenenti amido di frumento.

Infatti, i limiti imposti attualmente dalla Farmacopea Europea consentono di considerare adatti ai soggetti affetti da celiachia anche i medicinali contenenti amido di frumento, salvo casi di ipersensibilità individuale che dovrà essere valutata caso per caso. La Farmacopea Europea dal 1999 ha imposto, infatti, per l’amido di frumento presente come eccipiente, un contenuto proteico totale il cui quantitativo massimo sia limitato alla misura dello 0,3% in milligrammi (il quantitativo massimo di glutine è quindi limitato da tale disposizione e risulta del tutto innocuo per il celiaco).

La sicurezza per il celiaco è garantita anche nel caso di assunzione cronica di un medicinale (anche contenente amido di frumento), in considerazione della soglia limite di glutine che un celiaco può assumere mediante contaminazioni involontarie senza attivazione della risposta immunitaria e fissata a 10 mg/die dalla letteratura scientifica.

La norma della Farmacopea Europea fa sì che non sia più necessario che il farmaco riporti il claim “senza glutine”. Infatti, deve ritenersi abrogato l’art.5 comma 1 della legge 123/2005, in tema di norme per la protezione dei soggetti affetti da celiachia, che prevede di indicare con chiarezza nel foglietto illustrativo se il prodotto può essere assunto senza rischio dai soggetti celiaci.

Un discorso a parte va fatto per i prodotti a base di solfato di bario utilizzati per alcuni esami radiologici: alcuni lavori scientifici dimostrerebbero che sia difficile determinare la quantità di glutine eventualmente presente in questi preparati.

(1) Nota Ministero della Salute, 5 febbraio 2004 

(2) Circolare Agenzia Italiana per il Farmaco, 29 agosto 2006

Ultimo aggiornamento: novembre 2016

Quali integratori può assumere il celiaco?

Integratori e sostanze vendute in erboristeria non sono tutelati da specifiche norme che ne disciplinino il contenuto in glutine o in amido di frumento. Di conseguenza si tratta di sostanze potenzialmente a rischio per il soggetto celiaco. Tuttavia, possono essere assunti quei preparati che sono riportati nel Prontuario AIC e/o che riportino il claim “senza glutine” (il che, come previsto dalla normativa in vigore, significa una quantità di glutine inferiore a 20 ppm ossia 20 mg/kg). Come sempre il discorso vale per sostanze e formulazioni da ingerire, mentre è ininfluente per quelle da applicare topicamente.

Ultimo aggiornamento: gennaio 2018

Alimentazione

L’aceto balsamico è da considerare a rischio?

Nella preparazione degli aceti aromatizzati e dei condimenti balsamici è previsto il possibile utilizzo di sostanze complesse (additivi, aromi, coadiuvanti, coloranti), la cui composizione e conseguente eventuale idoneità al celiaco richiedono valutazioni specifiche: pertanto l’idoneità al consumo dovrà essere accertata. Questo non vale per l’aceto balsamico tradizionale DOP di Modena, l’aceto balsamico tradizionale DOP di Reggio Emilia e l’aceto balsamico di Modena IGP. Infatti, affinché un prodotto sia DOP o IGP, non solo le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in un’area geografica delimitata, ma il produttore deve attenersi a rigide regole stabilite nel disciplinare di produzione;  il rispetto di tali regole è garantito da uno specifico organismo di controllo.
L’AIC ha analizzato i disciplinari di produzione di queste tipologie di prodotto rilevando che né per ingredientistica né per processo produttivo sussiste il rischio di presenza o di contaminazioni accidentali da glutine.
Pertanto l’aceto balsamico tradizionale DOP di Modena, l’aceto balsamico tradizionale DOP di Reggio Emilia e l’aceto balsamico di Modena IGP possono essere consumati con tranquillità dai celiaci.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Quali sono i coloranti, aromi, conservanti e additivi consentiti?

Tutti gli additivi sono potenzialmente a rischio di contenere glutine, sia da parte delle materie prime che per contaminazione accidentale.
Gli additivi e i coadiuvanti tecnologici infatti possono essere supportati da sostanze contenenti glutine, derivare da queste o, infine, essere contaminati da glutine durante il processo produttivo e di confezionamento.
Non è possibile pertanto riportare una lista di categorie di additivi consentiti, in quanto, proprio per le motivazioni sopraesposte, qualsiasi tipologia di additivo è a rischio.
A seguito dell’entrata in vigore della nuova normativa sull’etichettatura (D. Legislativo 114/2006), l’eventuale presenza di glutine in tutti gli ingredienti e quindi anche nei coloranti, negli aromi e negli additivi in genere deve essere chiaramente dichiarata in etichetta. Ciò costituisce un elemento utile, ma non sufficiente, a valutare l’effettiva idoneità di un prodotto ad essere consumato dal celiaco. Sono infatti necessarie, in aggiunta alle valutazioni sugli ingredienti, anche quelle relative all’idoneità del processo produttivo.
Sottolineiamo che, se un additivo è presente in un prodotto alimentare del Prontuario, ciò non vuol dire automaticamente che sia sempre sicuro per i celiaci.
L’idoneità di un prodotto finito alimentare, non è data, unicamente, dalla somma delle idoneità dei singoli ingredienti, ma anche dalla verifica del processo produttivo e dei rischi che questo comporta.
AIC non ritiene utile, nel caso degli additivi, esprimersi sull’idoneità dei singoli additivi, che potrebbe erroneamente portare il celiaco a ritenere sicuro un prodotto solo sulla base della lista degli ingredienti.
Gli additivi comportano, infatti, come tutti i prodotti alimentari di produzione complessa, un rischio di contaminazione accidentale.
L’indicazione, per alcune classi merceologiche, di additivi “consentiti” (per esempio succhi di frutta con acido ascorbico o citrico) non va intesa come un giudizio di idoneità generica per quell’additivo, ma sempre come giudizio di idoneità della classe merceologica stessa per cui si ammette la presenza di specifici additivi, di cui si è valutata la concentrazione massima utilizzata in quella specifica categoria di prodotti, escludendo la possibilità di presenza di altre fonti di glutine.
Questo significa che, anche in caso di contaminazione da glutine dell’additivo, il contenuto in glutine totale del prodotto finito, per quella classe, non può essere tossico per il celiaco (> 20 ppm).

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Se un additivo è presente in un prodotto alimentare del Prontuario, vuol dire che è sicuro per i celiaci?

L’idoneità di un prodotto finito alimentare, non è data, unicamente, dalla somma delle idoneità dei singoli ingredienti, ma anche dalla verifica del processo produttivo e dei rischi che questo comporta.
AIC non ritiene utile, nel caso degli additivi, esprimersi sull’idoneità dei singoli additivi, che potrebbe erroneamente portare il celiaco a ritenere sicuro un prodotto solo sulla base della lista degli ingredienti.
Gli additivi comportano, infatti, come tutti i prodotti alimentari di produzione complessa, un rischio di contaminazione accidentale.
L’indicazione, per alcune classi merceologiche, di additivi “consentiti” (per esempio succhi di frutta con acido ascorbico o citrico) non va intesa come un giudizio di idoneità generica per quell’additivo, ma sempre come giudizio di idoneità della classe merceologica stessa per cui si ammette la presenza di specifici additivi, di cui si è valutata la concentrazione massima utilizzata in quella specifica categoria di prodotti, escludendo la possibilità di presenza di altre fonti di glutine.
Questo significa che, anche in caso di contaminazione da glutine dell’additivo, il contenuto in glutine totale del prodotto finito, per quella classe, non può essere tossico per il celiaco (> 20 ppm).

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Ho visto che alcuni alimenti sono considerati non a rischio se contengono solo l’acido citrico o ascorbico. Questo discorso vale per tutti i prodotti “a rischio”?

AIC non ritiene utile, nel caso degli additivi, esprimersi sull’idoneità dei singoli additivi, che potrebbe erroneamente portare il celiaco a ritenere sicuro un prodotto solo sulla base della lista degli ingredienti.
Gli additivi comportano, infatti, come tutti i prodotti alimentari di produzione complessa, un rischio di contaminazione accidentale.
AIC può esprimersi unicamente sull’idoneità di singoli prodotti (con le procedure di controllo degli alimenti del Prontuario AIC degli Alimenti o del Marchio Spiga Barrata) o sull’idoneità di specifiche categorie di alimenti.
In quest’ultimo caso, sulla base di valutazioni delle concentrazioni massime ammesse per legge e delle diverse fasi dei processi produttivi -valutazioni basate sulla tecnica dell’Analisi di Rischio- AIC, in collaborazione con aziende ed esperti del settore, cerca di chiarire la sicurezza di singole categorie di prodotti alimentari, multi-ingredienti, addizionate di additivi, ecc.
Sottolineiamo che, nella valutazione dell’idoneità di un prodotto alimentare, nella costante ricerca di equilibrio da parte di AIC tra il rispetto del massimo livello di precauzione e il non allertare inutilmente i celiaci, non va guardato il singolo ingrediente, ma il prodotto va inteso nella sua totalità come costituito non solo dall’ingredientistica, ma anche dei processi e dai trattamenti che ha subito e dal sistema di gestione e controlli cui è sottoposto.
Sottolineiamo ancora che, in base alla metodica dell’analisi di rischio, il rischio non può essere misurato che in maniera semi-quantitativa.
Per le categorie di alimenti in cui il rischio si configura in prima analisi di basso livello, ma non necessariamente non significativo, non è sufficiente per AIC, in base al principio di precauzione, “liberalizzare” la categoria senza aver approfondito le caratteristiche produttive con l’industria ed esperti del settore.
Tali approfondimenti pertanto possono essere portati a termine unicamente con la collaborazione delle aziende e con tempistiche diverse.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

E’ possibile utilizzare le affettatrici NON dedicate?
E’ possibile utilizzare le affettatrici senza bisogno di operazioni di sanificazione?

In merito alla vendita a banco, nella GDO e nei negozi di generi alimentari in generale, di salumi e insaccati previa affettatura, AIC esclude rischi di tossicità per contaminazione dal contatto con affettatrici destinate ad uso promiscuo rispetto a salumi non selezionati da AIC (Prontuario e/o marchio Spiga Barrata) e non riportanti il claim “senza glutine” in etichetta.

Ricordiamo che particolare attenzione va invece posta qualora il negoziante vicino alla macchina affettatrice dovesse manipolare pane per la sola vendita o per la preparazione di “panini imbottiti”.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Come comportarsi di fronte ad alimenti considerati “permessi” ma riportanti indicazioni del tipo “può contenere tracce di glutine/frumento”?

Per quanto riguarda la posizione di AIC sull’uso del claim precauzionale “può contenere tracce di glutine/frumento” su alimenti sostanzialmente non trasformati, come ad esempio frutta secca, semi, cereali in grani o legumi secchi, l’ispezione visiva e l’eliminazione di eventuali grani estranei, garantiscono ampiamente il celiaco.

Durante la produzione ed il confezionamento di questo genere di prodotti, infatti, è possibile, anche se raramente, la contaminazione con grani di cereali contenenti glutine, come ad esempio chicchi di orzo.

Questo fatto non deve destare reale preoccupazione nel celiaco in quanto è sufficiente verificare l’assenza di corpi estranei (quindi semi o grani differenti rispetto al legume che si intende utilizzare). Trattandosi di semi/grani interi, non è possibile una contaminazione diretta da glutine dei legumi (il glutine si trova nella parte più interna del chicco di cereale) e dato che la loro tossicità si esplicherebbe solamente nel momento in cui venissero ingeriti, vanno semplicemente eliminati.

È comunque utile segnalare sempre all’AIC (segreteria.alimenti@celiachia.it) nome del prodotto e marca, in modo da permetterci di contattare e sensibilizzare l’azienda sul tema.

Ultimo aggiornamento: novembre 2016

Se un prodotto in etichetta non riporta il claim “senza glutine”, ma neanche riferimenti espliciti al glutine (tra gli ingredienti o con diciture tipo “può contenere tracce di..”), come lo devo considerare: idoneo o non idoneo?

La legge permette alle aziende di riportare la dicitura “senza glutine” in etichetta qualora un prodotto sia idoneo al consumatore celiaco (assenza di ingredienti contenenti glutine e garanzia del processo produttivo entro limiti dei 20 ppm).
L’inserimento della dicitura in etichetta è volontario, pertanto, l’azienda può decidere di non riportare il claim “senza glutine” perché il prodotto non è idoneo ai celiaci o perché non è interessata a dichiararlo come tale. L’AIC è impegnata a sensibilizzare il più possibile l’industria alimentare all’uso di questa dicitura affinché il celiaco possa essere sempre più autonomo nella selezione dei prodotti.
In mancanza della dicitura “senza glutine”, l’assenza di riferimenti al glutine tra gli ingredienti, non può essere intesa come assoluta certezza di sicurezza dell’alimento. La norma europea sugli allergeni (il regolamento 1169/2011) infatti prevede l’obbligo di indicare tutti gli ingredienti allergenici, tra cui i cereali contenenti glutine, volontariamente aggiunti ad un alimento.
Purtroppo però, la norma non regolamenta l’informa-zione circa un’eventuale contaminazione, per cui le aziende non sono obbligate a indicare in etichetta la potenziale presenza di tracce di allergeni (con l’utilizzo della dicitura “può contenere….”), sebbene molte si impegnino a farlo.
Quando, quindi, un alimento non riporta il glutine né tra gli ingredienti né con la dicitura “può contenere..”, non è possibile sapere se l’alimento è sicuro oppure no per il celiaco e quindi il consiglio di AIC è di non consumarlo. Ciò non significa che il prodotto è certamente non idoneo (ovvero contiene glutine) ma che non sussiste la certezza della sua sicurezza per il consumatore celiaco. E, in assenza di certezza, il nostro consiglio è quello di “meglio evitare”.
L’AIC suggerisce la verifica della presenza della dicitura “senza glutine” in etichetta, l’unica che a livello legale impegna l’azienda a garantire un limite di 20mg/kg di glutine nel prodotto finito. AIC esorta da sempre le aziende a riportare in etichetta informazioni chiare al celiaco (dicitura “senza glutine”), laddove il prodotto sia garantito. Inoltre da tempo stimola il legislatore europeo alla normazione delle diciture del tipo “può contenere (tracce di)….” che darebbero piena garanzia ed autonomia al consumatore celiaco ed allergico.

ultimo aggiornamento: dicembre 2016

L’amido modificato contiene glutine?

L’amido in commercio si ricava soprattutto dal mais (maizena), dal frumento, dalla patata (fecola) e più raramente dal riso. L’amido, nel chicco di frumento, è localizzato nella parte più interna dove sono contenute anche la proteine (gliadine e glutenine).
L’amido di frumento non “deglutinato” (vedi F.A.Q.: Amido di frumento) non è idoneo al consumo dei celiaci, perché durante la sua estrazione porta con se tracce consistenti di glutine.
La parola ‘modificato’ sta unicamente ad indicare processi produttivi di alterazione chimica e/o fisica dell’amido (posti in atto per migliorarne le proprietà reologiche) che non vanno a modificarne quantitativamente l’eventuale contenuto in glutine. Pertanto, l’amido di grano, modificato o no, resta non idoneo al celiaco (a meno che non sia stato deglutinato).
Tutti gli altri amidi (di mais, di patata, di riso) sono idonei, anche se a rischio di contaminazione a causa della promiscuità di molti stabilimenti produttivi dell’industria alimentare, che possono lavorare sia cereali contenenti glutine che altri prodotti.
La legge impone da anni che per i prodotti contenenti amidi derivanti da frumento, sia riportata chiaramente l’origine botanica in etichetta.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

L’amido di frumento contiene glutine?

L’amido è un carboidrato (zucchero) complesso costituito da più molecole di glucosio; è presente nei cereali, legumi e tuberi. Nei cereali, costituisce gran parte della cariosside. L’amido in commercio si ricava soprattutto dal mais (maizena), dal frumento, dalla patata (fecola) e, più raramente, dal riso.
L’amido di derivazione da cereali si ottiene dalla lavorazione dei chicchi. Questa lavorazione comporta varie fasi, schematizzabili come segue: i chicchi vengono immersi in soluzioni apposite per essere ammorbiditi, vengono poi macinati e trasformati in una sospensione diluita continuamente scremata. A questo punto l’amido viene separato tramite sedimentazione o centrifugazione e viene poi essiccato e polverizzato.
Il processo di estrazione dell’amido comporta quella che può essere definita una raffinazione del prodotto, fino ad ottenere un amido quasi puro, costituito cioè unicamente dalla parte polissacaridica della cariosside del cereale più alcune tracce degli altri elementi che la costituiscono. Tra queste, è quindi presente, qualora l’amido derivi da frumento, il glutine.
La presenza di contaminazioni più o meno consistenti nell’amido da frumento che si trovava in commercio, ha portato il Ministero della Salute italiano a escludere per anni questo ingrediente dalla preparazione di prodotti senza glutine per celiaci.

L’amido di frumento è però anche un utilissimo ingrediente per i prodotti da forno, in quanto ne migliora notevolmente la palatabilità. Per questo motivo, i produttori di amido di frumento sono stati per anni sollecitati dai produttori di alimenti senza glutine a produrre un amido di frumento in cui la contaminazione da glutine fosse minima.

Oggi, grazie a nuove tecnologie produttive, è disponibile sul mercato un amido di frumento cosiddetto “deglutinato” che permette la realizzazione di prodotti idonei al celiaco con contenuto in glutine inferiore ai 20 ppm.
È così possibile reperire, anche in Italia, prodotti etichettati “senza glutine” con amido di frumento o anche amido di frumento deglutinato tal quale.

Questa “svolta” ha seguito, non solo i traguardi raggiunti in campo tecnologico, ma anche gli sviluppi delle norme mondiali (Codex Alimentarius) ed europee.

Ricordiamo, infine, che l’amido di frumento non deglutinato comunemente impiegato nella produzione di alimenti del libero commercio, resta un ingrediente non adatto ai celiaci.

Ultimo aggiornamento: aprile 2017

Le bevande alcoliche possono presentare rischi?

È usuale una distinzione tra:

Liquori
Sono ottenuti con trasformazione a freddo (macerazione, infusione, ecc.) partendo dall’alcol etilico o da altri liquidi alcolici, mescolati con sciroppo di zucchero ed aromatizzati, chiarificati, colorati, ecc.
Questa categoria è considerata ”a rischio”. Pertanto possono essere consumati con tranquillità solo quei liquori che sono presenti in Prontuario degli Alimenti, o riportanti la dicitura “senza glutine”, o che sono prodotti artigianalmente in casa e di cui pertanto si possono controllare il processo produttivo e gli ingredienti utilizzati.

Distillati
I distillati o acquaviti sono ottenuti tramite distillazione:
assenzio, brandy, cachaça, calvados, cognac, gin, grappa, rum, tequila, vodka, whisky, ecc.
Questa categoria è libera se il distillato è puro (tal quale) senza aggiunta di aromi, coloranti o altri additivi. Quindi, facendo un esempio: la vodka è libera, ma la vodka alla pesca è a rischio. Non sempre la presenza di altre sostanze si rende evidente dalla semplice lettura del nome del prodotto, come in questo caso, pertanto si consiglia di leggere attentamente l’etichetta prima di consumare un distillato.
Ovviamente, un prodotto “derivato” da distillato e contenente anche altri ingredienti (es. prodotti “a base di …”) ricadrebbe ugualmente tra le bevande alcoliche a rischio e può essere consumato solo se presente in Prontuario o se riporta la dicitura “senza glutine”.

Whisky, vodka e gin: i recenti risultati degli studi promossi dall’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza degli Alimenti) e finalizzati alla ricerca dell’eventuale presenza di tracce di glutine nei distillati da cereali contenenti glutine ne hanno confermato l’assenza in queste bevande. Il processo produttivo tramite distillazione, infatti, è tale per cui il prodotto finito non può contenere glutine né esserne contaminato.

L’alcool etilico (alcool buongusto) è ottenuto mediante distillazione, previa fermentazione alcolica di alcune materie prime, quali: melasse, vinacce, mosti e cereali. A partire dall’alcool etilico è possibile preparare acquaviti e bevande liquorose che derivano da miscugli di alcool con estratti o essenze di piante aromatiche (amari, digestivi, liquori dolci e secchi).
L’alcool etilico tal quale è permesso.

Birra: per quanto riguarda questo argomento, vi invitiamo a leggere la faq: “Birra”: clicca qui.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2016

Birra e bevande a base di orzo o frumento, dichiarate “senza glutine”, sono sicure per i celiaci?

Da qualche tempo, sono disponibili sul mercato birre da malto d’orzo e/o frumento e sono reperibili presso esercizi della ristorazione bevande a base d’orzo, garantite “senza glutine”.

Su questa tipologia di prodotti, riportiamo quanto indicato nel documento Le “contaminazioni” nella dieta senza glutine  frutto della collaborazione del Board del Comitato Scientifico AIC con lo staff tecnico dell’Associazione.

Per i prodotti appositamente formulati per celiaci a base di uno o più ingredienti ricavati da frumento, segale, orzo, o da loro varietà incrociate, lavorati chimicamente o fisicamente per ridurre il loro contenuto di glutine al di sotto dei 20 mg/kg (es. caffè d’orzo, birra da malto d’orzo “senza glutine”), etichettati “senza glutine”, si suggerisce un consumo moderato/saltuario, considerando che contengono un residuo fisso di glutine (a differenza dei prodotti da materie prime senza glutine, dove il limite dei 20 ppm è inserito per regolare eventuali contaminazioni accidentali, saltuarie e non continuative).

Da questa indicazione fanno esclusione i prodotti a base di amido di frumento che, pur derivando dal frumento, non prevede processi di vera e propria “deglutinazione” ma semplicemente una attenta separazione meccanica dell’amido dalle altre componenti del chicco.

Ultimo aggiornamento: marzo 2017

La carne di animali che abbiano assunto glutine è tossica per il celiaco?

Il glutine che viene assunto dagli animali, come accade per gli esseri umani, viene digerito e, quindi, non si trasmette con le carni.
L’importante è che i metodi di cottura e di condimento delle carni non prevedano l’uso di farine o altri ingredienti contenenti glutine o di panatura non “gluten-free”, uniche modalità e possibilità di “contaminazione” di una dieta priva di glutine.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Ho avuto la diagnosi di celiachia, mi chiedevo come posso orientarmi per la dieta e come posso sapere quali sono i cibi, oltre a quelli non consentiti, che possono essere usati senza rischio.

Per i nuovi celiaci sarebbe auspicabile iscriversi all’Associazione, dalla quale potranno ricevere oltre al Prontuario degli Alimenti, la Guida all’Alimentazione del celiaco Mangiar Bene Senza Glutine e la rivista quadrimestrale “Celiachia Notizie”, molte altre informazioni importanti.
Dalla home page è possibile cliccare nella cartina d’Italia, sulla regione di appartenenza per poter visualizzare gli indirizzi della segreteria regionale, i contatti, le attività e i progetti e le modalità di iscrizione.

Per avere qualche preliminare indicazione sulla dieta senza glutine, puoi iniziare a consultare l’ABC della dieta del celiaco e la sezione del Neo Diagnosticato.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2016

I contenitori per alimenti (piatti di plastica, carta, contenitori in plastica, pellicola trasparente, vaschette e rotoli in alluminio, sacchetti per surgelati, carta forno e carta fritti, ecc.) possono essere utilizzati tranquillamente dai celiaci?

I materiali attualmente in commercio destinati al contatto con gli alimenti non contengono glutine. Possono quindi essere usati senza problemi anche da soggetti intolleranti al glutine.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Come mai alcuni alimenti sono idonei e altri no? Come valuta AIC l’idoneità degli alimenti al celiaco?

L’AIC realizza ed aggiorna da anni una “classificazione” delle tipologie di alimenti in riferimento al rischio di contenere glutine:

vietato.gifALIMENTI VIETATI (rischio sicuramente presente)

rischio.gifALIMENTI A RISCHIO (possibile rischio)

permesso.gifALIMENTI PERMESSI (rischio sicuramente assente)

Questa classificazione viene chiamata “ABC della dieta dei celiaci”.

Tale classificazione viene utilizzata sia dalle famiglie dei pazienti celiaci sia dai ristoratori che offrono pasti senza glutine, ed è basata sull’analisi dei processi produttivi da parte di tecnici esperti.

Il mercato alimentare è in costante evoluzione, da un lato per seguire le esigenze dei consumatori, dall’altro perché i processi produttivi si evolvono e migliorano, e si rende necessario svolgere periodicamente studi ed approfondimenti su specifiche tipologie di alimenti per confermarne o modificarne la classificazione. Anche modifiche nella normativa di riferimento, che possono istituire o rimuovere specifici obblighi per l’industria, possono avere un impatto significativo sull’ABC.

Gli studi svolti dallo staff tecnico di AIC, anche con la collaborazione di esperti del settore, prevedono tra le altre cose:

◊   ricerche e analisi dello stato dell’arte dei sistemi produttivi

◊   raccolta e valutazione della normativa di settore applicabile

◊  confronto con le aziende produttrici ed utilizzatrici del prodotto oggetto di approfondimenti -anche con visite presso gli stabilimenti produttivi- e il costante e fondamentale contatto e scambio di informazioni con le associazioni di categoria.

In questo modo, alimenti che all’apparenza possono essere molto simili, possono essere classificati in maniera diversa, ad esempio perché la normativa applicabile o i processi produttivi risultano essere molto differenti. Un prodotto alimentare può essere anche mantenuto tra quelli “a rischio” perché non sussistono sufficienti garanzie a livello di informazioni raccolte sulla sicurezza generale del prodotto e, sulla base del principio di precauzione, che è –tra l’altro- anche il principio fondante di tutta la normativa europea sulla sicurezza alimentare- AIC non può garantirne la sicurezza.

A titolo di esempio ricordiamo che oggetto di studi di questo tipo sono stati in passato i formaggi tradizionali,  trattati in uno studio universitario commissionato da AIC e che, previo avallo del Board del Comitato Scientifico AIC, ha portato a considerare non significativo il rischio associato di presenza di glutine, e gli studi sulle birre da malto d’orzo svolte dall’equipe del professor Mendez (Madrid) i cui risultati sono stati analogamente adottati dal Board Scientifico AIC.

Più recentemente sono stati eseguiti approfondimenti sul curry, sul latte in polvere e sui formaggi grattugiati.

In questo modo, grazie al costante monitoraggio del mercato e allo scambio di informazioni con il settore produttivo, AIC mantiene aggiornato il suo “ABC” della dieta dei celiaci, garantendo la massima tutela della salute dei pazienti.

Ultimo aggiornamento: settembre 2017

Il Curry contiene glutine?

Il curry, nella sua formulazione classica, non è a rischio per il celiaco in quanto consiste in una miscela di sole spezie.
Tuttavia, sotto questa denominazione, si possono trovare in commercio le miscele più disparate; l’AIC considera il curry costituito unicamente da spezie ed erbe aromatiche “permesso” ai celiaci.
Se costituito, oltre che da spezie ed erbe aromatiche, anche da altri componenti quali aromi, amidi, fecole, additivi, ecc., rientra nella categoria degli alimenti “a rischio” per i celiaci e idoneo al consumo solo previo controllo della dicitura “senza glutine” in etichetta.

Ultimo aggiornamento: gennaio 2017

Sono davvero utili per i celiaci? Qual è la posizione di AIC sull’argomento?

AIC, l’Associazione Nazionale Celiachia, segue con attenzione tutte le ricerche nell’ambito della quantificazione del contenuto di glutine in alimenti e bevande, auspicando che la scienza possa ancora migliorare le già alte performance degli attuali metodi di rilevazione di glutine negli alimenti. Ciò intendendo che l’analisi di rischio sugli alimenti resti compito dei produttori e delle autorità preposte ai controlli, non del singolo celiaco. Questo genere di strumenti possono rappresentare una fonte di allarmismo e confusione per i celiaci, piuttosto che una reale utilità per gli stessi.

La finalità delle nostre azioni è quella di consentire al celiaco il pieno inserimento nella vita sociale, con la garanzia di consumare prodotti ed alimenti idonei. La dipendenza da apparecchi come i test di autoanalisi, oltre ad avere il rischio del risultato errato a causa di un utilizzo non conforme, possono far pensare che la sicurezza del celiaco possa dipendere da tali strumenti, più che dalla formazione e responsabilità dei produttori e dei ristoratori e dalla diffusione della cultura del senza glutine. Il campionamento e l’analisi degli alimenti ai fini della verifica della loro idoneità al consumo non possono essere demandato al consumatore finale, così come non avviene per la presenza di patogeni dei cibi, ad esempio, da parte della popolazione generale. Così come ci esprimiamo sull’autodiagnosi e l’autoterapia (farsi diagnosi da sè e mettersi a dieta senza glutine in assenza di una diagnosi certa), riteniamo che il controllo degli alimenti non vada demandati al singolo consumatore, che non ha le competenze per poter valutare la sicurezza del prodotto, ma è responsabilità del produttore, così come del medico specialista per la diagnosi.
Per quei professionisti dell’alimentare che intendessero avvalersi di strumentazione di questo genere, a integrazione (e mai in sostituzione) delle analisi ufficiali svolte presso i laboratori accreditati, rammentiamo inoltre che il suggerimento è quello di utilizzare solo quei kit rapidi o strumenti analoghi che si basino sulla metodica ufficiale, ovvero l’ELISA R5 metodo Mendez.

Ultimo aggiornamento: gennaio 2016

torna alle domande

La fibra di frumento contiene glutine?

La fibra alimentare può avere diverse origini botaniche: la più diffusa è l’inulina o fibra di cicoria, seguita da fibre e pectati di mela, di agrumi e anche di frumento.

Quest’ultima non è da scartarsi a priori perché nella maggior parte dei casi è ricavata dal fusto della pianta, non dal chicco e pertanto non ha nulla a che vedere con il glutine. Può però essere ricavata anche dalla crusca di frumento, cioè dal tegumento che riveste il chicco di grano. In tal caso il suo contenuto in glutine va valutato adeguatamente e nella formulazione del prodotto finito.

Per tutti i prodotti presenti nel Prontuario contenenti fibra, la verifica della tipologia di fibra impiegata e della sua idoneità è particolarmente accurata.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Quali sono i formaggi idonei ai celiaci?

La tecnologia abitualmente adottata per la produzione dei formaggi non comporta l’uso di ingredienti con glutine. Secondo le conoscenze, né le eventuali aggiunte (grani di pepe, peperoncino, erbe aromatiche, ecc), né gli specifici processi di produzione possono apportare contenuti significativi di glutine.
Ricerche effettuate presso il DISMA della Facoltà di Agraria dell’Università di Milano hanno confermato che tutti i campioni di formaggio esaminati non contenevano glutine rilevabile con i metodi di analisi.

In particolare quindi sono da considerarsi idonei i formaggi:
molli (es. ricotta, mascarpone, caprino, tomino, mozzarella, cottage cheese, crescenza, feta);
semiduri (es. montasio, fontal, caciocavallo, fontina);
duri (es. grana padano, parmigiano reggiano, provolone, emmental, cheddar);
a crosta fiorita (es. camembert, brie, taleggio);
erborinati (es. gorgonzola, stilton).

Burro light: può contenere amido e/o gelificanti, aggiunti in sostituzione del grasso per ottenere un’emulsione di caratteristiche simili a quelle del burro “tradizionale”; in questo caso risulta necessario verificare l’ingredientistica e processo produttivo del prodotto specifico. È considerato pertanto un alimento “a rischio”.

Formaggi fusi, a fette, spalmabili, dessert di formaggio: possono contenere addensanti, gelificanti e aromi; anche in questo caso risulta necessario verificare ingredientistica e processo produttivo del prodotto specifico. Sono considerati pertanto alimenti “a rischio”.

La mozzarella è un formaggio a pasta filata e come per tutti gli altri formaggi la materia prima è costituita da latte, addizionato di caglio e sale. Dunque nessun problema di glutine! La mozzarella è idonea anche se tra gli ingredienti in etichetta è presente acido citrico(E330), in quanto presente in tracce minime, come residuo di lavorazione, che non può compromettere la sicurezza del prodotto per i celiaci.

Yogurt alla frutta, al “gusto di…”, cremosi: questi prodotti possono contenere purea e semilavorati di frutta, preparazioni dolciarie, aromie addensanti dei quali è necessario avere la conferma di idoneità dalle aziende.
Quanto sopra non è applicabile per gli “yogurt naturali” (interi o magri) il cui consumo può avvenire con sicurezza e tranquillità, poiché tali prodotti sono preparati esclusivamente con latte e fermenti lattici vivi e non vi è possibilità di contaminazione. Sono, invece, vietati yogurt al malto, ai cereali, ai biscotti.
Ricordiamo che anche lo yogurt bianco cremoso senza aggiunta di addensanti, aromi o altre sostanze (contenente unicamente yogurt, zucchero e fermenti lattici) non comporta rischi, mentre l’aggiunta di addensanti, aromi, preparazioni dolciarie o altre sostanze può comportare la presenza di potenziali fonti di glutine.
Stesso discorso vale per il latte fermentato e i probiotici contenenti unicamente yogurt, zucchero e fermenti lattici, che sono permessi.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: dicembre 2015

Posso cuocere nel forno contemporaneamente cibi con e senza glutine?

Se parliamo di forno di casa, è possibile utilizzare lo stesso forno per la cottura  contemporanea di alimenti con glutine e sg, prestando attenzione nel maneggiare le teglie, per evitare di far ricadere residui con glutine negli alimenti sg. Un accorgimento utile e molto semplice può essere quello di far cuocere gli alimenti sg sui ripiani più alti del forno e quelli con glutine su quelli più bassi.
La contaminazione da glutine si ha, infatti, essenzialmente per contatto con superfici contaminate (ripiani, posate, piatti o pentole sporchi, utilizzati per alimenti contenenti glutine) o, direttamente, per contatto con alimenti contenenti glutine.

Se parliamo di forni da pizzeria le regole sull’argomento sono riportate alla pagina PROGETTO ALIMENTAZIONE FUORI CASA: REGOLE FONDAMENTALI PER UNA ALIMENTAZIONE PRIVA DI GLUTINE FUORI CASA del nostro sito.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

I funghi surgelati sono consentiti?

I funghi (surgelati o meno, a prescindere dal tipo di conservazione), come la verdura, sono considerati ‘permessi’ qualora non abbiano subito aggiunta di altri ingredienti ‘a rischio’
Non sono ingredienti a rischio: acqua, sale, olio, aceto, zucchero, anidride solforosa, acido ascorbico, acido citrico.

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

La gelatina alimentare contiene glutine?

Il regolamento CEE 853/2004 regolamenta la produzione della gelatina alimentare. In esso viene specificato che gli unici ingredienti utilizzabili per la produzione sono:

a) Ossa;
b) Pelli di ruminanti d’allevamento;
c) Pelli di suini;
d) Pelle di pollame;
e) Tendini e legamenti;
f) Pelli di selvaggina selvatica;
g) Pelle e spine di pesce.

La gelatina alimentare viene definita “colla di pesce” quando utilizzi derivati dal pesce come ingredienti.
Per quanto riguarda la presenza di glutine, al momento, nonostante l’origine da prodotti naturalmente privi di glutine, il processo produttivo non ci consente di considerare il prodotto non a rischio di un’eventuale contaminazione accidentale da glutine. Pertanto, il prodotto può essere consigliato per l’uso solo qualora sia presente sul Prontuario AIC degli Alimenti.
Un sostituto alla gelatina alimentare può essere l’Agar Agar. L’Agar Agar è un agente addensante e stabilizzante di origine naturale prodotto da diverse alghe appartenenti alla famiglia delle Rhodophyceae (Gelidium amansii, G. cartilagineum) presenti in USA e Giappone. L’Agar Agar è classificato nella lista europea degli additivi alimentari con la sigla E406.
Una volta polverizzato, l’Agar Agar può essere aggiunto alla preparazione fluida che si intende addensare. L’Agar Agar in barre è a rischio, mentre quello in foglie può essere utilizzato liberamente.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Cos’è la glassatura? E’ da ritenere pericolosa per il celiaco?

La glassatura è lo strato di ghiaccio applicato sui pesci congelati e anche surgelati tramite nebulizzazione o immersione in acqua allo scopo di proteggerli nella fase di stoccaggio e di vendita evitando i danni da urti, disidratazione e anche imbrunimento del colore.
Ovviamente, in quanto ghiaccio, non contiene glutine.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Il glutammato, o gli altri “esaltatori di sapidità” che hanno come base il glutammato, possono contenere glutine?

Oltre al glutammato monosodico (E621), altri additivi che hanno come base il glutammato vengono impiegati come “esaltatori di sapidità”, cioè come potenziatori del sapore dei cibi: glutammato monopotassico (E622), diglutammato calcico (E623), glutammato monoammonico (E624) e diglutammato di magnesio (E625).
L’acido glutammico viene prodotto industrialmente tramite fermentazione batterica di un substrato di fermentazione costituito da zuccheri, melassa o amido. La fermentazione dei nutrienti presenti porta alla produzione di acido glutammico che, nonostante il nome, non è correlato al glutine e non è quindi tossico per il celiaco, come non lo sono i suoi sali.
Come per tutti gli additivi, però, non è possibile escludere a priori il rischio di contaminazione da glutine.
Resta valido il concetto che è necessaria la verifica del prodotto specifico (per esempio: dadi da brodo, estratti di carne, insaporitori) per escludere rischi di contaminazione accidentale.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Qual’è il contenuto di glutine nei prodotti sostitutivi senza glutine?

Riportiamo quanto è pubblicato nel sito del Ministero della Salute:

http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=979&area=Alimenti%20particolari%20e%20integratori&menu=dietetici

Ultimo aggiornamento: novembre 2016

Esistono restrizioni di qualsiasi genere in relazione ai guanti ad uso alimentare, in particolare rispetto a quelli monouso?

I guanti monouso, in lattice o nitrile, sono finemente talcati internamente con amido di origine vegetale. Normalmente l’amido è di mais. In ogni caso, ricordiamo che l’amido è posto all’interno del guanto per facilitarne la calzatura e mai all’esterno.
Non sussiste alcuna possibilità che l’amido contamini accidentalmente i prodotti in lavorazione se i guanti sono usati correttamente. Consigliamo quindi una certa cautela unicamente nello sfilare i guanti, evitando di fare questa operazione sopra una pietanza destinata al celiaco.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Cosa fare in caso di ingestione involontaria di glutine?

Si tratta di una domanda ricorrente tra i pazienti celiaci che, dopo ingestione involontaria, ma verificabile di glutine vorrebbero giustamente prevenirne i sintomi e gli effetti collaterali.

Purtroppo, è una situazione abbastanza frequente per la quale non vi sono trattamenti specifici da mettere in atto. L’unica soluzione è quella di utilizzare sintomatici, che nel caso, ad esempio, di dolori addominali (uno dei sintomi più frequenti riportati) sono rappresentati da antispastici (farmaci parasimpaticomimetici) o nel caso di diarrea da probiotici. Anche la cefalea, possibile sintomo post-ingestione di glutine, andrà trattata con sintomatici, cercando di evitare anti infiammatori non steroidei, particolarmente dannosi a loro volta per la mucosa intestinale, e ricorrendo al ben tollerato paracetamolo.

Non esiste al momento un antidoto naturale o farmacolgico in grado di bloccare l’azione del glutine; ovviamente la ripresa di una rigorosa dieta priva di glutine risolverà sia i sintomi che il danno mucosale provocato dall’ingestione accidentale di glutine.

Ultimo aggiornamento: marzo 2018

Volevo sapere se nella dieta senza glutine è importante fare attenzione anche ad una semplice posata che ha tagliato un pezzo di pane o a poca farina di pane sulle mani.

La cura della celiachia comporta in effetti la necessità di una dieta di esclusione di glutine il più possibile rigorosa, poiché anche tracce di glutine possono lesionare la mucosa intestinale del celiaco. Queste “tracce”, se prese singolarmente, potrebbero non avere effetti sulla salute del celiaco, ma sommate senza controllo o consapevolezza del paziente corrispondono a un potenziale rischio per la propria salute. Per questa ragione le contaminazioni rappresentano un potenziale pericolo per il celiaco, in quanto non prevedibili né quantificabili o controllabili a priori. È importante prestare attenzione pur mantenendo un approccio equilibrato alla dieta, evitando estremizzazioni che sfociano in terrorismo psicologico e che potrebbero peggiorare la qualità di vita della persona con celiachia. Non bisogna, dunque, essere terrorizzati dalla singola contaminazione, ma è necessario mettere in atto serenamente quei comportamenti e quelle buone pratiche che garantiscono di ridurre il più possibile i rischi di assunzione “nascosta” di glutine.

Ultimo aggiornamento: novembre 2016

E’ vero che vengono usati lieviti nella fermentazione degli spumanti? Possono contenere glutine?

Per quanto riguarda il processo di produzione dello spumante, confermo quanto detto dai ns. associati.
Lo spumante è un vino speciale perchè arricchito di anidride carbonica. In particolare gli spumanti si suddividono in:
1. naturali, l’ anidride carbonica deriva dalla rifermentazione del vino
2. artificiali, aggiunta diretta di gas.
Il quesito sollevato dai ns. associati è relativo alla produzione degli spumanti naturali che, infatti, possono ottenersi con due metodi differenti: Champenois e Charmat.
Nel primo metodo, il vino viene addizionato di sciroppo e di lieviti selezionati appartenenti al genere Saccharomyces.
Saccharomyces cerevisae è infatti il classico lievito della fermentazione vinaria. Questo lievito viene fatto crescere su melasso e quindi non c’è alcun problema per i celiaci: la crescita su idrolizzati di frumento è da escludere anche perchè sarebbe troppo costosa.
Ad ogni modo tengo a precisare che l’aggiunta di colture di lieviti selezionati viene effettuata anche quando si vogliono “correggere” eventuali difetti del vino. Ad esempio, quando il vino non ha raggiunto la gradazione alcolica desiderata si attua il processo di “rifermentazione”, che consiste nel rifermentare il vino in presenza di vinaccia fresca (se il trattamento si fa nel periodo di vendemmia) oppure con l’aggiunta di colture di lieviti. Molti dei vini che comunemente consumiamo sono sottoposti a questo tipo di correzione.Quindi ripeto nessuna preoccupazione per lo spumante.
Infine, ricordo a tutti che il lievito di birra è consentito ai celiaci, come segnalato anche sul Prontuario AIC.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Il lievito di birra è consentito?

Il lievito fresco, secco o liofilizzato viene anche chiamato “lievito di birra”. Con il termine “lievito di birra”, ovvero lievito industriale compresso, si intende quello impiegato nella panificazione, venduto in panetti e costituito da colture selezionate di lieviti appartenenti alla specie Saccaromyces cerevisiae.
Il termine “birra” non deve farci temere, perché oggi il lievito non è più ottenuto utilizzando sottoprodotti della lavorazione della birra (come substrati colturali), ma è costituito unicamente dalla sopra indicata specie di lieviti.
Ancora, la produzione di tali lieviti selezionati è soggetta ad autorizzazione ministeriale, così come gli stabilimenti destinati alla sua produzione, che pertanto sono sottoposti alla vigilanza da parte delle autorità sanitarie.
Dunque, niente pericolo di glutine per il “lievito di birra” (fresco, secco o liofilizzato), ma attenzione al lievito fresco liquido, poiché non è lievito puro, ma è una preparazione con aggiunta di altri ingredienti e deve essere quindi considerato “a rischio”.
Il “lievito chimico” (o “agenti lievitanti”), invece, è una polvere lievitante utilizzata a livello casalingo e per la produzione industriale di pane a cassetta, biscotti ed altri prodotti dolciari. Esso è costituito da bicarbonato, da una sostanza acida ed eventualmente da amido e/o fecola. Per la sua stessa composizione è necessario, quindi, verificarne l’idoneità: tale categoria di prodotti è inserita nel Prontuario AIC perché “a rischio”.
Infine, il “lievito naturale” detto anche “lievito madre” o “lievito acido” (così detto perché conferisce un sapore acidulo all’impasto) è costituito da un impasto di acqua e farina, che è lasciato per qualche tempo all’aria, in modo da arricchirsi dei lieviti presenti nell’ambiente. La tradizione vuole che il fornaio lasci ogni giorno un pezzo di pasta di pane per farne nuovo pane il giorno seguente.
È evidente che questo prodotto non è idoneo ai celiaci, ma è altrettanto importante sapere che è un prodotto destinato alla panificazione ed all’industria dolciaria “tradizionale”, ambiti che in ogni caso non producono alimenti idonei ai celiaci.
Precisiamo che, se l’impasto di “acqua e farina” lasciato all’aria per arricchirsi dei microrganismi presenti nell’ambiente è senza glutine, è possibile ottenere un lievito che può essere chiamato “naturale” o “madre” ma che è “gluten free”.
Qualora quindi, tra gli ingredienti di prodotti dietetici senza glutine presenti nel Registro del Ministero della Salute sia presente “lievito madre” o “lievito naturale”, tale lievito va inteso come “gluten free”, mentre il “lievito madre” o “lievito naturale” impiegato nella produzione di alimenti del libero commercio, resta un ingrediente tossico per i celiaci.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Olive e verdure sott’olio/sott’aceto possono essere tutte consumate indipendentemente dalla marca?

Tutte le verdure conservate (in salamoia, sott’aceto, sott’olio, sotto sale, ecc.) se costituite unicamente da: verdure, acqua, sale, olio o aceto, zucchero, anidride solforosa, acido ascorbico (E300), acido citrico (E330) sono idonee al celiaco.(sono a rischio,ad esempio: condimenti pronti per insalate di riso che contengono anche pezzi di wurstel/prosciutto oppure olive farcite, ecc.).

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

“La porosità della spugna induce a pensare che qualche traccia di glutine possa rimanere dentro, o no?” “I piatti e le posate no, sono uguali per tutti, ma dicono che dove il glutine si cuoce lì rimane più attaccato!” “A mia madre abbiamo ricomprato una batteria di pentole da adoperare solo per noi quando l’andiamo a trovare. Altri mi hanno detto che basta comprare tutto di acciaio, ma non mi fido. D’altra parte se con la spugna levi il glutine sulla pentola, non viene il dubbio che rimanga lì?” “Mi sono comperato uno scolapasta solo per la mia pasta senza glutine, mi hanno detto che il glutine resta tra i fori.”

L’attenzione alla contaminazione da glutine deve essere costante ed accurata, poiché le possibili fonti di “inquinamento” sono tante e spesso difficili da individuare. Anche minime quantità di glutine introdotte accidentalmente possono essere, a lungo termine, lesive per il celiaco. Tuttavia, queste note di cautela non devono essere interpretate in chiave “terroristica”. Una pentola pulita, lavata a mano od in lavastoviglie, non contiene residui apprezzabili né di glutine né di altri alimenti cucinati in precedenza. Qualora si rilevassero incrostazioni di residui alimentari sulle pareti o sul fondo della pentola, è ovviamente indicata una energica pulizia dell’utensile domestico (magari con lana d’acciaio), non solo per il rischio di contaminazione da glutine ma soprattutto per motivi igienici.
Commento analogo vale per tutte le stoviglie, le posate e per tutti gli utensili che vengono a contatto con gli alimenti di qualsiasi materiale siano costituiti, compreso il legno.
Stesso discorso vale anche per le per le spugne, per le quali sarà sufficiente un accurato risciacquo in acqua corrente per allontanare gli eventuali residui alimentari. Per utensili forati per i quali la pulizia, proprio a causa della presenza di fori, può risultare più difficoltosa, è consigliabile una maggiore attenzione, ma anche in questo caso, un accurato e attento lavaggio a mano od in lavastoviglie permette una buona pulizia. Quindi anche questo genere di utensili, di qualsiasi materiale siano costituiti, se lavati con cura, non contengono residui apprezzabili né di glutine né di altri alimenti toccati in precedenza. Evitiamo pertanto l’inutile (ed anche costosa!) precauzione di utilizzare pentole, utensili da cucina e spugne diversi per il celiaco.

Ultimo aggiornamento: giugno 2016

Il pesce surgelato o congelato è a rischio di contenere glutine?

I seguenti prodotti sono idonei al consumo da parte dei soggetti celiaci:

– Tutti i tipi di carne, pesce, molluschi e crostacei tal quali (freschi, surgelati o congelati) non miscelati con altri ingredienti;
– Pesce conservato: al naturale, sott’olio, sotto sale, affumicato privo di additivi, aromi e altre sostanze (a esclusione dei solfiti).

La materia prima di questi prodotti, infatti, è naturalmente priva di glutine e le procedure di preparazione e conservazione non comportano rischi di contaminazione accidentale.
Siamo comunque in contatto con le aziende produttrici di prodotti ittici surgelati e/o congelati che divulgano notizie in merito al rischio di contaminazione di questo tipo di prodotti, in modo che facciano maggiore chiarezza e non creino allarmismi.
Vi ricordiamo che per una maggiore sicurezza alimentare, è sempre buona abitudine lavare i prodotti congelati prima di cucinarli, in modo da rimuovere ogni eventuale traccia superficiale.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

La qualità dei prodotti senza glutine è inferiore rispetto a quella dei prodotti convenzionali? E’ vero che contengono più olio di palma?

In merito alla qualità dei prodotti senza glutine, rimandiamo all’articolo pubblicato su CN 3/2018 e a questa nota.

Per quanto riguarda l’olio di palma nel 2016 è stato diffuso un parere dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) che ha analizzato la presenza di determinati contaminanti a base di glicerolo presenti nell’olio di palma, ma anche in altri oli vegetali, nelle margarine e in alcuni prodotti alimentari trasformati, e che potrebbero dare adito a potenziali problemi di salute per alcune fasce di consumatori. Va comunque precisato che non esistono a oggi dati che correlino direttamente l’uso dell’olio di palma all’insorgenza di tumori nell’uomo. Al di là degli allarmismi, non vi sono insomma prove che dimostrino che chi consuma molto olio di palma sia esposto a un rischio più elevato di sviluppare tumori. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha sottoposto immediatamente al Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare la richiesta di avviare con urgenza l’esame della questione all’interno dei gruppi tecnici per accelerare i tempi.

La problematica è di carattere generale e non vede i celiaci maggiormente esposti rispetto al resto della popolazione.

Nell’attesa di indicazioni da parte degli organi preposti, si suggerisce, nelle scelte di frequenza e quantitativi di consumo di alimenti che contengano olio di palma quale ingrediente, di seguire le linee guida per una dieta varia e bilanciata, che indicano di contenere il consumo di alimenti apportatori di elevate quantità di grassi saturi in generale, compresi alimenti trasformati (es. margarine, biscotti, merendine, patatine) e alimenti naturalmente contenenti acidi grassi saturi (come carne, latticini, uova). In ogni caso, dalle informazioni raccolte da AIC, risulta che anche molte aziende di prodotti specificamente formulati per celiaci stanno sostituendo o hanno intenzione di sostituire l’olio di palma, o altri oli vegetali con un elevato tenore di grassi saturi, presenti in alcuni prodotti, a favore di altri oli con differente composizione, come sta già avvenendo per i prodotti convenzionali con glutine.

Per ulteriori approfondimenti sull’olio di palma, scarica qui le interviste di Wired e Adnkronos Salute  al coordinatore del Board Scientifico AIC, Marco Silano, esperto di salute e nutrizione dell’Istituto Superiore di Sanità e il parere di febbraio 2016 dell’Istituto Superiore di Sanità

Leggi gli articoli sull’olio di palma pubblicati su Celiachia Notizie 

CN 1 2015

CN 3 2016

ultimo aggiornamento: gennaio 2019

Il riso in chicchi è a rischio di contaminazione da glutine?

Per quanto riguarda i rischi di contaminazione accidentale da glutine nei cereali, è possibile che alcuni stabilimenti produttivi lavorino sia cereali naturalmente privi di glutine, come il riso, sia cereali contenenti glutine. Il rischio per i cereali non macinati e quindi che non siano stati trasformati in farine è comunque minimo. Infatti, sia per la facilità dei controlli e delle misure di prevenzione in tal senso (si pensi solo alla vagliatura dei cereali come il riso prima del confezionamento), sia per il controllo che il consumatore stesso può avere sul prodotto (i chicchi di riso sono del tutto diversi dalla granella dei cereali contenenti glutine), risulta estremamente difficile che un chicco di grano (od orzo) venga consumato accidentalmente.

Il riso in grani, biologico, integrale o ‘convenzionale’ è quindi sicuro per il celiaco e non comporta rischi di contenere glutine.

Ricordiamo, infine, che, trattandosi di semi/grani interi, non è possibile una contaminazione diretta da glutine dei chicchi di riso: la gliadina -frazione tossica per i celiaci- è localizzata infatti nella parte più interna del chicco del cereale e, dato che la loro tossicità si esplicherebbe solamente nel momento in cui venissero ingeriti, vanno semplicemente eliminati.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Alcuni gelati presenti in Prontuario hanno tra gli ingredienti “sciroppo di glucosio da frumento”. Vorrei sapere se questo ingrediente è consentito, ossia se il processo attraverso il quale si estrae questo zucchero dal frumento permette di avere un prodotto finale privo di glutine.

Lo sciroppo di glucosio e le maltodestrine derivano dall’amido. L’amido è un carboidrato (zucchero) complesso costituito da più molecole di glucosio; è presente nei cereali, legumi e tuberi.
L’amido in commercio si ricava soprattutto dal mais (maizena), dal frumento, dalla patata (fecola) più raramente dal riso; l’amido di frumento non è idoneo ai celiaci perché ha un contenuto in glutine >20 ppm.
L’amido (di qualsiasi origine botanica) può essere sottoposto ad una serie di lavorazioni industriali (idrolisi acida, enzimatica, filtrazione, ecc.) per ottenere zuccheri più semplici: maltodestrine, maltosio, destrosio, sciroppo di glucosio, ecc.. Questi zuccheri rientrano nella composizione di molti alimenti, dalle bevande ai gelati.

Ricordiamo che l’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza degli Alimenti) ha stabilito che i processi produttivi di:
-maltodestrine e
-sciroppi di glucosio (incluso il destrosio),
anche qualora l’amido di partenza derivi da un cereale contenente glutine (frumento, orzo), sono tali da comportare una eventuale presenza di glutine nel prodotto finito minima, ben al di sotto dei 20 ppm.

Le maltodestrine e gli sciroppi di glucosio (compreso il destrosio), da orzo o frumento, non apportano glutine nei prodotti alimentari in cui vengono utilizzati e possono essere impiegati liberamente come ingredienti nei prodotti idonei al celiaco.

La Direttiva 2007/68/CE “Direttiva 2007/68/Ce Della Commissione del 27 novembre 2007 che modifica l’allegato III bis della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne l’inclusione di alcuni ingredienti alimentari” ha definitivamente stabilito che queste sostanze non sono tossiche nemmeno per i soggetti allergici e quindi, anche qualora derivino da frumento o orzo, non è obbligatorio riportarne l’origine botanica in etichetta.

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

Quali possono essere le conseguenze di trasgressioni volontarie alla dieta?

Gli “strappi alla dieta” potrebbero causare una infiammazione cronica della mucosa intestinale (cioè una sofferenza della stessa) anche in assenza di chiari disturbi o sintomi. Una volta ricevuta diagnosi certa di celiachia, il paziente deve aderire, per tutta la vita, ad una rigorosa dieta priva di glutine, che eviti ovviamente tutte le possibili fonti di contaminazione, e qualsiasi digressione, anche se piccola o saltuaria. È consigliabile pertanto evitare il più possibile tale situazione, per scongiurare l’esposizione del celiaco ai rischi dell’assunzione di glutine, che potrebbero comportare danni a carico della mucosa intestinale.

Ultimo aggiornamento: novembre 2016

I succhi di frutta che riportano in etichetta altri ingredienti oltre alla frutta possono essere consumati liberamente dai celiaci?

Possono essere consumati liberamente dal celiaco tutti i succhi di frutta e tutti i nettari di frutta di qualsiasi marca non addizionati di vitamine o altre sostanze (conservanti, additivi, aromi, coloranti, ecc.), a esclusione di: acido ascorbico (E300 o vitamina C), acido citrico (E330) e sciroppo di glucosio o di glucosio-fruttosio.
Sono a rischio, invece, i nettari e i succhi di frutta addizionati di altre sostanze (vitamine, conservanti, additivi, aromi, coloranti, ecc.).

Team Alimenti

Ultimo aggiornamento: novembre 2014

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